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editor Fabio Bonacina

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Il brevetto più importante risale al 10 settembre 1969, dovuto agli inventori Helmut Gröttrup e Jürgen Dethloff. Lo ricorderà la Germania con un francobollo

Il francobollo tedesco
Il francobollo tedesco

L’immagine, che porta il nome di Thomas Steinacker, evoca una carta di credito, anche dal punto di vista dei caratteri (da notare le date!). D’altro canto, il francobollo della Germania, programmato a 0,80 euro per il 5 settembre, intende ricordare il mezzo secolo delle chip card, denominate anche smart card.

Misurano 85,60 per 53,98 millimetri ed hanno uno spessore di 0,762. Aprono le porte, contano il tempo e consentono i pagamenti, ricordano da Berlino. Sanno chi siamo, cosa ci piace acquistare e come ci comportiamo. Ormai, rappresentano una parte indispensabile della vita quotidiana, come banca portatile o appunto carta di credito, documento di identità, tessera sanitaria, chiave per accedere a servizi aziendali, telefonici ed ancora altro.

Sono realizzate in plastica e contengono un chip munito di circuito integrato. Vengono classificate in base alle loro capacità: ci sono schede con chip di memoria su cui le informazioni possono essere immagazzinate e lette da dispositivi speciali, schede a microprocessore i cui circuiti elaborano autonomamente i dati, crittografandoli e decrittografandoli. A seconda dell’impiego previsto, le carte posseggono strisce magnetiche, capaci di stoccare ulteriori indicazioni.

La loro storia iniziò alla fine degli anni Sessanta in Germania, quando gli inventori Helmut Gröttrup e Jürgen Dethloff depositarono numerosi brevetti. Il più importante risale al 10 settembre 1969; la prima smart card al mondo con le attuali dimensioni è del 1979. Dagli inizi degli anni Ottanta sono state testate nella distribuzione di massa, registrando il successo che perdura tuttora.

Negli annulli del primo giorno, due diversi impieghi
Negli annulli del primo giorno, due diversi impieghi



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