Un bazar di cose, di piccoli reperti e figure presenti in alcuni testi della letteratura italiana, da Giovanni Boccaccio ad Ugo Foscolo, da Eugenio Montale a Giorgio Agamben. Come gli spilli delle sarte giapponesi che hanno in cima un campanellino così che non si possano dimenticare nell’abito terminato, egualmente alcuni oggetti “scampanellano” (con discrezione) durante la lettura di romanzi e poesie per farsi notare. Accade quindi che non si scordano più, mentre dosano l’atmosfera di un racconto, vigilano sull’incrocio di una storia e talvolta si travestono da emozionanti personaggi.
È in questo modo che Marsilio editori presenta il libro del docente in Letteratura italiana contemporanea all’Università di Salerno Epifanio Ajello; s’intitola “Carabattole - Il racconto delle cose nella letteratura italiana” (240 pagine, 14,00 euro).
Gli oggetti -precisa lo studioso riferendosi per esempio all’artefice del “Decameron”- sono quelli d’impiego quotidiano, di semplice valore d’uso, suppellettili di abitazioni (o conventi) che “trovansi in camere da letto o altre stanze, ovvero bicchieri, cassapanche, confetti, tavole, teli di trabacche, ceste, vivande, pani, mortai, anelli, «soffioni», «gonnelle»…”. “Tutti di vita quotidiana borghese o popolana, ma che talvolta assurgono a rispettabili comprimari delle vicende narrate”.
Un elemento ricorrente risulta la missiva; per gli autori più recenti si aggiunge la cartolina, definita non soltanto una fotografia perché, a girarla, rappresenta una lettera: “porta con sé una scrittura, è un moderno pittogramma”.