“La gente diceva sempre le stesse cose, in qualunque posto andassi a distribuire la posta sentivo sempre le stesse cose, in continuazione. «È in ritardo, oggi!». «Dov’è il postino solito?». «Salve, zio Sam!». «Postino! Postino! Questa non è per me!»” (Charles Bukowski, “Post office”).
Ma la posta arriva puntuale o no? A consultare i periodici rilievi della Izi, la società specializzata che ha ricevuto dal ministero allo Sviluppo economico l’appalto per le verifiche qualitative, si direbbe di sì. Nulla si sa, invece, dei monitoraggi compiuti a livello internazionale, che pure sono eseguiti. Tuttavia, a leggere le cronache dei giornali, gli atti politici o magari riflettendo sulla propria esperienza, i risultati non appaiono così scontati.
Ed è significativo che anche Poste italiane abbia deciso di esaminare il traffico al proprio interno, ma con un obiettivo leggermente diverso. Il problema sono le giacenze, che rimangono immutate nonostante il calo degli invii. Da qui la scelta di studiare l’“ultimo miglio”, ossia la fase del recapito, quella considerata -non a torto- fondamentale per gli esiti del servizio e per la percezione che il pubblico ne ricava. Finora i riscontri sul lavoro dei portalettere non sono stati sistematici, mentre all’estero -perlomeno in alcuni Paesi- costituiscono una routine.
L’idea alla base della sperimentazione, prevista per tre mesi e riguardante una campionatura, è controllare la corretta esecuzione del lavoro compiuto dal fattorino anche in termini di accuratezza della prestazione e di attenzione al cliente; per questo sono stati introdotti delle accertamenti lungo il percorso da lui compiuto. Gli ispettori devono registrare gli orari, il quantitativo di corrispondenza giacente nella borsa, gli strumenti (come mezzo di trasporto, palmare e divisa), le inesitate e le relative cause. Ciò servirà anche ad adeguare il modello teorico alle effettive problematiche riscontrate sul campo.
In seguito verrà affrontato un altro tema, collegato ma indipendente: come l’utente giudica il servizio.