“La lunga controversia che ha diviso Argentina e Cile per la sovranità sulla zona australe, l’estrema punta meridionale dell’America Latina, si è conclusa”. Il 29 novembre 1984 -scrive nell’edizione dell’1 dicembre “L’osservatore romano”- è stato firmato il Trattato di pace e di amicizia, mentre il giorno 30, Giovanni Paolo II, cioè il mediatore fra i due Paesi, ha ricevuto in udienza le delegazioni.
Sottoscritto in sei copie dal ministro agli Esteri argentino, Dante Caputo, e dal collega cileno, Jaime del Valle, il documento porta pure la firma del segretario di stato vaticano, il cardinale Agostino Casaroli, per testimoniare -rimarca il quotidiano- “l’azione della Santa Sede nel processo di mediazione”.
Un quarto di secolo dopo, le Poste vaticane hanno ricordato la cerimonia attraverso un annullo con la data di ieri, che resterà a disposizione degli interessati fino al 29 dicembre presso l’ufficio obliterazioni. Rappresenta un’ulteriore tappa del nuovo corso individuato al di là del fiume Tevere, che nel comparto marcofilo cerca di andare oltre alle celebrazioni scontate.
Nel manuale, accanto allo stemma vaticano, sono citate le bandiere delle parti, con una piccola curiosità. Quella argentina appare decisamente più grande rispetto all’altra per evidenziare l’unico elemento che, in mancanza dei colori, la caratterizza: il “sol del mayo”.
Nel passato sia Buenos Aires che Santiago -seguendo una pratica tipica del Sud America- hanno evidenziato con diversi francobolli i propri confini e le pretese territoriali in discussione. Il Cile, inoltre, con un 20 pesos del 2 maggio 1985 ha sottolineato il ruolo del Vaticano nel processo di riavvicinamento all’Argentina.