Durante le ultime vacanze natalizie è stato trasformato nello… schermo di un cinema all’aperto, ma ora il cantiere è scomparso e le protezioni tolte. È il Pesaro Centro, la sede maggiore di Poste italiane tra quelle collocate nella località marchigiana, per la precisione in piazza del Popolo 28. Una storia più che centenaria ed apparentemente comincia con una cartolina.
“Viene diffusa -spiega ai lettori di «Vaccari news» lo specialista Riccardo Braschi- l’11 ottobre 1914 in occasione della cerimonia inaugurale”, presente il sottosegretario Girolamo Marcello. Il disegno -ricco di elementi simbolici- si deve a Giuseppe Porcini e celebra il successo della città, raggiunto con la conclusione della sua opera più attesa che, simbolicamente, la proiettava verso un orizzonte di progresso. L’originale in grande formato rimane esposto per diversi giorni in una vetrina, prima di essere donato dal direttore provinciale al ministro delle Poste e dei telegrafi Vincenzo Riccio.
Con la cerimonia “si era conclusa una vicenda decennale che aveva suscitato aspri dibattiti”, coinvolgendo abitanti ed istituzioni, fino ai banchi parlamentari. Concerneva l’ubicazione della nuova sede e, in particolare, la scelta dell’Amministrazione comunale di utilizzare l’area dell’antica chiesa di san Domenico. “La questione dibattuta, riguardante la tutela dell’ex complesso ecclesiastico in relazione alle ipotesi di abbattimento o trasformazione, si era risolta con la decisione del Consiglio superiore delle belle arti di conservare sia il fronte sulla via Branca”, comprendente il trecentesco portale marmoreo, sia il prospetto ad otto colonne ioniche prospiciente la piazza centrale, da trasformarsi nella facciata principale dell’edificio.
Beneficiando del programma governativo, l’Ente locale -fra i primi (era il 3 maggio 1910)- aveva stipulato una convenzione con l’Esecutivo e la Cassa di risparmio, in base alla quale si impegnava a realizzare il nuovo immobile col finanziamento della banca ed a passarlo in proprietà allo Stato per 200mila lire da rendere all’istituto, cedendo inoltre l’area ed un ambiente patrimoniale confinante.
Per il progetto e la direzione artistica era stato incaricato l’architetto bolognese Edoardo Collamarini, mentre all’ingegner Ettore Lambertini, anch’egli della città felsinea, erano state affidate le redazioni dei computi e dei progetti esecutivi nonché la direzione dei lavori, da eseguirsi sotto la sorveglianza del Genio civile (continua).