Ci sarebbe anche una sua lettera, impiegata come prova. Prova volta a documentare il percorso di studi, ripensamenti e variazioni riguardanti l’intenso lavoro svolto sul piano operativo, comprendente una ricerca documentaria condotta attraverso testimonianze dirette, campagne fotografiche, richieste d’informazioni dettagliate. D’altro canto, così lavorava, allineando schizzi, disegni e bozzetti per raggiungere la massima veridicità degli episodi illustrati. A raccontarlo è la mostra “Pietro Aldi e la sala del Risorgimento a Siena”, aperta -fino al 15 ottobre- presso il polo culturale intitolato al pittore ed esistente a Saturnia (frazione di Manciano, Grosseto).
La rassegna è dedicata all’opera più celebre e impegnativa da lui realizzata nella sua breve esistenza (visse tra il 1852 ed il 1888), ossia i due grandi dipinti murali elaborati fra il 1885 ed il 1886 nell’immobile senese.
Riguardano Vittorio Emanuele II, secondo un’idea segnalata dalla commissione condotta da Luigi Mussini, già direttore dell’Istituto di belle arti cittadino. Mentre nella volta le allegorie dovevano celebrare idealmente il percorso storico del Risorgimento italiano, sulle pareti Pietro Aldi, Amos Cassioli e Cesare Maccari, con intento realistico, avrebbero raffigurato alcune pagine centrali di tale cammino. Aldi rappresentò due incontri del monarca sabaudo. Uno con il maresciallo Josef Radetzky nella cascina di Vignale (Novara), svoltosi il 24 marzo 1849 all’indomani della sconfitta, per firmare l’armistizio che avrebbe stabilito la fine della Prima guerra d’indipendenza. L’altro cita il 26 ottobre 1860, quando il monarca vide Giuseppe Garibaldi a Teano (Caserta) dopo l’impresa dei Mille. Quest’ultima rappresentazione -annotano dalla sede- è stata scelta per “illustrare i libri di scuola di numerose generazioni di studenti che, senza sapere chi fosse l’autore del dipinto, l’hanno memorizzato come eroica icona”.