Mentre fervono le polemiche sull’ennesima ristrutturazione annunciata da Poste italiane, la stessa azienda incassa una lusinghiera analisi scaturita dalla ricerca “Innovazione e diversificazione nei servizi pubblici: il caso di Poste italiane”, originata in seno all’Università Bocconi di Milano.
Il contesto sono i cambiamenti legati alla globalizzazione, allo sviluppo tecnologico e alla liberalizzazione che “hanno imposto ai principali operatori postali europei la necessità di un processo di rinnovamento”. Sapendo che il mercato “è fortemente concentrato: circa l’85% degli invii attuali viene generato da aziende e solo il 15% da clienti residenziali, motivo questo che ha spinto gli operatori postali ad innovare in maniera significativa i processi produttivi, a focalizzarsi sul miglioramento della qualità dei servizi erogati e ad ampliare il proprio portafoglio di offerta”.
Dal quadro continentale a quello italiano: negli ultimi anni l’azienda ora guidata da Massimo Sarmi “è stata capace di incrementare significativamente il proprio valore d’impresa, per l’azionista e per il sistema Paese. Ha ridisegnato il suo ruolo e il suo posizionamento sul mercato puntando sui nuovi servizi con grande anticipo rispetto agli altri grandi operatori europei”.
Quindi, diversificazione ed innovazione tecnologica. Citando Bancoposta, carte “Postepay” e Poste vita, che “hanno aumentato l’efficienza e la concorrenza, contenendo così i prezzi”, nonché Poste mobile, la quale “ha impresso una formidabile spinta all’infomobilità e ai moderni servizi di pagamento”.
I concorrenti, invece, hanno implementato “strategie di diversificazione (geografica e di prodotto) basate su acquisizioni, che hanno richiesto ingenti risorse finanziarie e che, talvolta, hanno comportato rilevanti problemi di integrazione”.