Il dramma di un paesone travolto dal conflitto e raccontato attraverso quello che è rimasto. Si potrebbe sintetizzare così la mostra “Lo sguardo inquieto - Rovereto 1914-1918”, che il centro trentino propone, fino al 15 marzo, presso palazzo Alberti Poja.
Curata da Mario Cossali, Paola Pizzamano, Alessio Quercioli e Maurizio Scudiero, rivela la storia dell’area ai tempi della Prima guerra mondiale. Una storia anomala, in quanto ambientata in una zona di confine tra due nemici, dove ad un certo punto i civili devono lasciare il posto agli austroungarici in divisa, mentre parte degli edifici viene rasa al suolo così da agevolare le artiglierie e non offrire ricoveri agli italiani che avrebbero potuto attaccare da sud. “Rovereto -spiega Pizzamano - è rappresentata alla vigilia del conflitto, con i suoi abitanti e la vita quotidiana; poi si dà spazio alla città militare, la città che si svuota, la città bombardata, ai soldati, ai volontari irredenti, ai martiri, agli esuli e ai prigionieri. Ne emerge uno sguardo ravvicinato e inquieto”. Dove immagini documentarie e testimonianze, diari e soprattutto disegni, sculture, stampe, dipinti, rievocano la vita dei combattenti, dei feriti, degli sfollati e degli internati di Mittendorf e di Katzenau. Il luogo -aggiunge Cossali- è sospeso “in un tempo strano nel quale sembra non succedere niente, ma che da un momento all’altro può essere travolto dalla violenza di una inenarrabile distruzione”.
I materiali provengono dalla Fondazione del Museo civico di Rovereto, dal Museo storico italiano della grande guerra, dalla Biblioteca “Girolamo Tartarotti” e da numerose collezioni private.
Il percorso si apre con il panorama tratto, anche se nella didascalia non è specificato, dal forte ingrandimento di una cartolina doppia. Si scopre l’originale più avanti, in una bacheca. Insieme ad altri saluti postali e fotografie, il visitatore vede la cittadina di un secolo fa, con fabbriche, monumenti, caserme, manifestazioni. E poi con le macerie.
Una delle sorprese è data dalle tabelle segnaletiche impierialregie, un tempo applicate sopra gli ingressi delle relative sedi ed ora sul muro, una dopo l’altra. Ecco la dirigenza di sezione della Guardia di finanza, l’ufficio tecnico, l’ispettorato industriale, il negozio autorizzato a vendere tabacchi e bolli; non mancano, naturalmente, l’ufficio postale e telegrafico, nonché la collettoria.
Anche il versante artistico propone stimoli, in questo caso dovuti ad uno dei maestri locali più noti, Fortunato Depero. Sue sono tre cartoline reinterpretate da futurista, ossia aggiungendo all’immagine stampata triangoli colorati ad indicare le linee di movimento e frasi per stravolgere l’informazione più scontata. Nel caso specifico, si notano “Cartolina con composizione astratta” (un collage ed inchiostro su cartoncino), imbucata nel 1914 da Trento e diretta al gallerista di Roma Sprovieri. Si aggiungono due reperti dell’anno seguente che ritraggono i simboli di Bologna, le torri della Garisenda e degli Asinelli da una parte, la fontana del Nettuno dall’altra. Sono “Marcialottare” e “Depero futurista”, dove il mittente ha lavorato con le matite e la carta prima di indirizzare le note alla moglie e spedirle durante il viaggio verso il fronte. Lui sarebbe tornato.