Una delle opere maggiori, “che non soltanto risolve un problema di esigenza materiale, ma conferisce al nuovo prestigio del capoluogo un adeguato decoro”. Così scriveva -il 4 giugno 1932- “Idea fascista”, settimanale politico di Salerno a proposito dell’allora pressoché ultimato edificio delle Poste centrali. Edificio, situato in corso Garibaldi 203, adesso destinato ad un impiego soprattutto residenziale (news precedente).
Dovuto all’architetto Roberto Narducci del ministero alle Comunicazioni, secondo il giornale sarebbe stato inaugurato il 28 ottobre successivo. Snocciolate alcune cifre: 1.900 metri quadrati di superficie, 250 dei quali riservati al cortile interno, cento vani, altezza di 27 metri, una volumetria pari a 40mila metri cubi. Il fronte è lungo 73,50 metri.
Su di una gettata in calcestruzzo -prosegue il cronista- si elevano le murature in pietrame calcareo e travertino fino al primo piano; il resto è in tufo giallo. L’ingresso principale è fiancheggiato da due colonne che sorreggono il balcone centrale, mentre i prospetti, sino al primo livello, sono ad intonaco bugnato. Sul lato opposto la struttura, “pur conservando la stessa linea architettonica, presenta un movimento più vivace per effetto dei due corpi avanzati ai lati e del rientrante al centro”. Le finestre inferiori sono munite di inferriate in “stile moderno, arricchite da bronzi di squisita fattura; e questi assai pregevoli lavori in ferro, assieme ai magnifici cancelli agli ingressi di via Lungomare, sono stati eseguiti da un valente e bene merito artigiano nostro: Angelo Ostanese”.
Agli angoli dell’immobile, quattro opere scultoree contribuiscono a conferire “un carattere di signorile e sobria eleganza”.
Entrando, l’atrio rivestito di marmi. A destra (dove c’è l’attuale sportelleria) erano previsti i servizi vaglia e telegrafo; a sinistra (ora svuotato anche dal presidio della Banca del Mezzogiorno) sarebbero stati accettati corrispondenze e pacchi. Il pavimento era in ceramica di Cremona a mosaico, le pareti rivestite in marmo Verdello; l’illuminazione affidata a plafoniere. Al centro, un gran tavolo per il pubblico. Alle loro spalle, ulteriori uffici, però amministrativi, e la cassa.
La gradinata decorata in marmo e due scale di servizio portavano ai piani superiori, con l’economato (all’ammezzato), la direzione provinciale, la sede degli ispettori e l’ambiente per le riunioni (primo), la stazione amplificatrice della rete telefonica e gli impianti telegrafici, questi ultimi collegati ai relativi sportelli tramite posta pneumatica (secondo), il circolo delle costruzioni telegrafiche (attico).
Dietro, quindi verso il mare, la costruzione abbattuta il mese scorso con la rimessa, il magazzino, il deposito biciclette dei fattorini, i locali del custode; il cortile interno era destinato a facilitare le operazioni di carico e scarico.
Il costo totale, arredi esclusi, era stato valutato in 4 milioni di lire.