La tradizione lo vuole “tabellarius” martirizzato ai tempi di Diocleziano (284-305 dopo Cristo). “Tabellarius”, ossia corriere, postino. Da qui la scelta -risalente al 1975- di eleggerlo patrono dei portalettere, fissando come ricorrenza il 28 novembre di ogni anno, giorno della sua probabile morte.
Punto di riferimento è l’epigrafe, che certe fonti danno collegata alla sua tomba. In base ad una ricostruzione (in realtà, oggi il reperto si trova in cattive condizioni ai Musei vaticani), vi compaiono il nome, la professione, il giorno della sepoltura (corrispondente all’attuale 10 dicembre) e la palma, simbolo del martirio.
Comunque siano andate le cose, resa il dato di fatto: le spoglie a lui attribuite oggi sono conservate a Belvedere Ostrense (Ancona).
Perché proprio lì? “Non c’è un legame particolare”, dicono dal paesino marchigiano; “due secoli fa gli abitanti desideravano un santo da venerare, e da Roma arrivarono le reliquie di Rufo...”. L’urna di cristallo -conferma Carlo Vernelli nel volume a più mani “Belvedere Ostrense”- giunge il 13 aprile 1808. Il culto “si diffonde rapidamente... Esiste anche un’ampia raccolta di lettere” che descrive le guarigioni ottenute dalla cecità, dalla podagra, da ferite che non rimarginano, da dolori reumatici e da paralisi.
Un approfondimento, realizzato vent’anni fa, ora è consultabile su internet, ospitato nel sito della parrocchia locale. A firmarlo è stato un autore noto ai filatelisti (fu anche tesoriere dell’Unione stampa filatelica italiana): Gennaro Angiolino.