Poste italiane non ha gradito, e lo fa sapere. Prendendo lo spunto per chiarire il suo prossimo obiettivo: tagliare. Tagliare cosa ancora non si sa nel dettaglio, ma la linea fissata dall’amministratore delegato, Francesco Caio, è evidente.
Il punto di partenza è la decisione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ieri ha reso pubblica la sua valutazione circa il costo netto del servizio universale per gli anni 2011 e 2012. Ovvero, le cifre -380,6 ed a 327,3 milioni di euro- che la società avrebbe speso in più al fine di assicurare prestazioni capillari (per capirci: consegnare la cartolina anche a chi abita in cima ad una montagna, svolgendo un supporto in perdita dal punto di vista economico).
A ruota, dalla stessa azienda, è arrivata la replica. “Il servizio postale universale -viene sottolineato- non è più sostenibile e richiede un’attenta revisione del suo contenuto e delle misure economiche necessarie al suo finanziamento”. Secondo i calcoli dell’operatore, le due uscite in realtà ammonterebbero a 709 e 704 milioni. “Tali ampie differenze, soprattutto alla luce del progetto di privatizzazione del gruppo, mostrano quanto sia urgente procedere all’adozione di misure di contenimento dell’onere del servizio universale che non possono che transitare attraverso una revisione delle modalità di fornitura del servizio stesso per renderlo più efficiente, più in linea con i bisogni del Paese e con le risorse economiche disponibili per il suo finanziamento”. Il dado è tratto…