Non solo Poste italiane; nel mirino dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ci sono finite venti società specializzate nel settore degli invii di merci su strada da e per l’Italia, alcune delle quali attive anche nel settore postale. Il caso riguarda una intesa restrittiva che coinvolgerebbe pure il sodalizio di categoria Fedespedi, questo rappresentativo di circa 2.200 spedizionieri.
In base alle ipotesi, le aziende avrebbero scambiato, in occasione di riunioni nell’ambito della Fedespedi, informazioni sull’incidenza dell’incremento dei costi (quali, ad esempio, gli oneri per il carburante, i pedaggi stradali e alcune pratiche amministrative) per -“concordare -dice l’Antitrust- entità e modalità di aumento dei prezzi da applicare alla clientela”. E non basta, perché al termine degli incontri la stessa Fedespedi avrebbe, con circolari e comunicati stampa, “agevolato le aziende nell’applicare alla clientela gli incrementi di prezzo precedentemente concordati in ambito associativo”.
Secondo il Garante e in base alle informazioni disponibili, “si può desumere l’esistenza, quanto meno a partire dalla fine del 2002 e fino al mese di settembre 2007, di un reciproco scambio di informazioni sensibili e di un coordinamento delle strategie commerciali” tra le società Agility, Albini & Pitigliani, Brigl, Cargo nord, Dhl, Ferrari, Francesco Parisi, Gefco, Geodis, I-Dika, Italmondo, Italsempione, Itk, Itx cargo, Rhenus, Saima, Schenker, Sittam, Transervice e Villanova, che rappresentano i principali operatori del mercato.