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editor Fabio Bonacina

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L’anno scorso, grazie agli impianti fotovoltaici, La posta ha fornito di elettricità una media di 1.741 utenze domestiche. Il silenzio italiano

Come sarà la prossima estate? È presto per dirlo. Di sicuro c’è quanto annotato lungo il 2018. Ovvero -scrive dalla Posta svizzera Oliver Flüeler- è risultata “una delle più torride e soleggiate di sempre: con oltre 200 ore di sole in più registrate a livello locale e un aumento della temperatura di due o tre gradi rispetto alla media climatologica”.

Dati che hanno avuto conseguenze sui pannelli solari installati in quattordici edifici dell’operatore, per una superficie di oltre 35mila metri quadrati, pari a cinque campi da calcio. Hanno lavorato a pieno regime e mai come lo scorso anno l’azienda ha prodotto così tanta energia elettrica, anche grazie alla messa in funzione di quattro ulteriori strutture. Comunque, il record, a parità di condizioni, già era stato registrato nel 2015.

Grazie a una media di 1.900 ore di sole, i dati più recenti mostrano che nella rete sono confluiti 6,09 gigawattora, capaci statisticamente di rifornire per dodici mesi 1.741 utenze domestiche. Utilizzando almeno due o forse tre nuovi impianti fotovoltaici presso i futuri centri regionali di lavorazione dei pacchi previsti a Cadenazzo (Ticino), Untervaz (Grigioni) e Vétroz (Vallese), entro il 2020 la produzione si svilupperà ulteriormente.

Anche Poste italiane ricava energia dall’astro, ad esempio presso il centro postale operativo di Centi Colella (L’Aquila). È però mistero sui dettagli. Un silenzio… stonato per la società che fa del rispetto dell’ambiente, giustamente, uno dei propri punti di riferimento (continua).

I pannelli sul centro smistamento colli di Härkingen
I pannelli sul centro smistamento colli di Härkingen



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