Dallo storico Palermo Centro, al Guggenheim di New York. Così da contribuire alla mostra “Futurismo italiano, 1909-1944. Ricostruire l’universo”, in essere dal 21 febbraio all’1 settembre. Sono i cinque dipinti murali realizzati negli anni Trenta da Benedetta Cappa (1897-1977).
Furono commissionati per decorare ed impreziosire il palazzo ed esposti da sempre nella marmorea sala riunioni dell’edificio progettato da Angiolo Mazzoni.
Le tele sono denominate “Sintesi delle comunicazioni” e rappresentano il trionfo delle nuove forme di comunicazione aeree, marittime, radiofoniche, telegrafiche e telefoniche, terrestri. Un “inno” al dinamismo e allo slancio verso il progresso proclamati dalla poetica del movimento.
È la prima volta che escono dall’immobile; per tutto il periodo della trasferta americana, le opere dell’artista, restaurate di recente, saranno sostituite da altrettante riproduzioni fotografiche a dimensione naturale.
Allieva di Giacomo Balla e moglie di Filippo Tommaso Marinetti, fu tra i promotori dell’aeropittura. Con lo stesso Balla, Fortunato Depero, Gerardo Dottori, Fillia (cioè Luigi Colombo), Marinetti, Enrico Prampolini, Mino Somenzi e Tato (Guglielmo Sansoni). I suoi lavori sono stati esposti in cinque edizioni della Biennale di Venezia ed a tre della Quadriennale di Roma.
L’appuntamento statunitense -dicono i promotori- rappresenta l’unico sguardo d’insieme sul periodo mai proposto nel Paese. Curato da Viviene Greene, offre oltre trecento articoli realizzati appunto tra il 1909 ed il 1944, comprendendo pitture e sculture, ma anche progetti architettonici, design, ceramica, moda, film, fotografia, pubblicità, forme poetiche, pubblicazioni, musica, teatro e performance.