Primo dopoguerra, i collezionisti italiani si confrontano. Sul “Bollettino filatelico” datato 31 marzo 1919, cento anni fa, una persona di Cortona (Arezzo) che si firma Thelos lancia il sasso in un intervento dal titolo “Cataloghiamo i francobolli nemici!”.
Ora -scrive- sono venute a scomparire “molte delle cause che vietavano rapporti commerciali col nemico; e nel nostro caso anche quella che si opponeva -e giustamente direi- all’acquisto di francobolli di nuove emissioni, il cui provento si profondeva in opere di guerra; ogni buon cittadino non doveva contribuire all’approvvigionamento nemico, e tanto meno noi filatelici che avremmo versato molto denaro per… merce (mi si passi la parola) che per il nemico non aveva nessun valore, poco costando ad esso la carta che si trasformava, con una ridda vertiginosa, in carta monetata, qual è il francobollo”.
“Ora che l’utile ricavabile dalla vendita delle emissioni venute alla luce nei Paesi nemici durante la vinta guerra non va ad accumularsi nelle casse degli Stati nemici, a che pro seguitare a non voler riconoscere quello che è «documento storico» quali indubbiamente sono anche i francobolli che segnano le vicende della guerra della parte avversaria? Ricordiamoci soprattutto che la filatelia è universale e apolitica; altrimenti non sarebbe una scienza sussidiaria della Storia”.
“Il volere ignorare deliberatamente le emissioni nemiche è oltretutto un danno per i filatelici, perché tal fatto non contribuisce già a che i francobolli nemici emessi durante la guerra non vengano esitati, ma favorisce, al contrario, la quotazione del tutto irregolare ed incontrollata di quelli, non esistendo nessun catalogo che si fondi su cifre di emissione o su altri dati che sogliono regolare i prezzi del mercato”. Non a caso, “avviene spesso che una serie acquistata come rarità, precipiti poi vertiginosamente, lasciando un senso di disgusto e scoraggiamento sul collezionista: e d’altra parte accade che venga trascurato qualche francobollo raro, appunto per mancanza di un listino che lo classifichi”.
Insomma, “la filatelia non può fare distinzioni di sorta: essa è la Storia che passa, vede e registra! E noi non possiamo chiudere gli occhi per non vedere!”.