Tiziano, Veronese, Carracci, Tiepolo, Guardi, Velázquez, Murillo, El Greco, Ter Brugghen, Hogarth, Turner, Constable, Manet, Matisse, Picasso, Morandi… Tanti nomi famosi, e settanta opere di alto prestigio, per un percorso il cui filo conduttore non è di immediata cognizione. Fermo restando che la “pinacoteca” allestita fino al 3 giugno rimane godibilissima.
È “Da Vermeer a Kandinsky. Capolavori dai musei del mondo a Rimini”, ospitata nella città romagnola, con precisione a castel Sismondo. Voluta dalla locale Fondazione Cassa di risparmio, intende essere “una imperdibile carrellata di autentici capolavori e, insieme, l’omaggio che grandi istituzioni museali europee e nord americane, tra le principali al mondo, hanno voluto fare a Marco Goldin” per i quindici anni di attività della sua Linea d’ombra, azienda creata per organizzare eventi espositivi. In questo lasso di tempo ha collaborato con oltre trecento musei ed istituzioni di tutto il pianeta, ottenuto in prestito circa tremila importanti dipinti, disegni e sculture, attirato sette milioni di visitatori.
L’esito -commentano gli organizzatori- è “una grande lezione di storia dell’arte aperta e comprensibile a tutti”. Si parte -dice il presidente della Fondazione, Massimo Pasquinelli- “dal Rinascimento italiano e dai suoi massimi artisti, quasi a sottolineare il primato delle italiche corti nella definizione di un’idea artistica altissima che tenga insieme la tradizione classica e quella cristiana”. Raggiungendo, sala dopo sala, il Novecento. Di ognuna delle principali nazioni che hanno dato lustro alla storia dell’arte è stato scelto il secolo, o i secoli, di maggior gloria, e all’interno di quella fase storica, specialmente per l’Italia, la realtà “regionale” maggiormente rappresentativa.
Nell’area dedicata al Settecento, con Canaletto, Bellotto e Guardi, il richiamo al Vedutismo. “La loro fortuna -si legge nei pannelli- era strettamente legata allo sviluppo che il turismo conobbe nel corso del secolo, in particolare al fenomeno socioculturale noto come «grand tour»”.
Due, dal punto di vista postale, i dipinti che si evidenziano. Di Alessandro Bonvicino, più conosciuto come il Moretto, viene proposto “Ritratto di gentiluomo con lettera”, un olio su tela databile attorno al 1538. Quasi contemporanea è il secondo, anch’esso realizzato con la medesima tecnica. Firmato da Giovanni Battista Moroni, risale al 1560 e si intitola “Ritratto di dottore (Il magistrato)”. In entrambi sono riprese due persone di ampie possibilità, come sottolineano gli arredi e le vesti. A sottolinearne il prestigio e la ricchezza, se non il potere, ecco appunto la missiva: il riceverne e lo spedirne erano allora attività riservate ai ceti superiori. Se nel primo lavoro la corrispondenza è impugnata come se fosse uno scettro, la seconda scena si mostra più articolata: il personaggio è stato distratto dall’esame della missiva, ma sul tavolo compare anche un involucro, caratterizzato dal tipico sigillo, la “nizza”, adottato per garantire l’inviolabilità della comunicazione durante il tragitto. Entrambi appartengono alla Pinacoteca “Tosio Martinengo” di Brescia.