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editor Fabio Bonacina

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Salerno - Nuova mostra dedicata a Guglielmo Achille Cavellini. In tre sale virtuali proposte 86 opere dell’artista bresciano

L’iniziativa è della Ophen virtual art gallery di Salerno
L’iniziativa è della Ophen virtual art gallery di Salerno

Tutto come promesso: la Ophen virtual art gallery di Salerno ha varato un nuovo allestimento dedicato a Guglielmo Achille Cavellini. È una mostra retrospettiva ed ancora virtuale, questa volta intitolata “Gaconcettual poetry”.

Al compimento del centenario dalla nascita, scoccato l’11 settembre scorso, l’uomo -viene spiegato- “aveva espresso il desiderio di attuare una sorta di celebrazione postuma come completamento di una sua importante operazione artistica incentrata sull’autostoricizzazione”. È in tale contesto che vengono presentate 86 opere, raccolte in tre sale organizzate per decennio, dai Sessanta agli Ottanta. La prima vede protagoniste, ad esempio, la pittura, le opere oggetto, le casse che contengono opere distrutte del 1966-1968. La seconda propone i carboni, le fotografie e le tele emulsionate. Nella terza, ecco la serie dei personaggi della storia, gli autoritratti, la scrittura sul corpo, le performance. Tutte comprendono selezioni di “francobolli”. Un modo, insomma, per avere chiara la produzione e come essa si sia evoluta nel tempo.

Oggi l’autore è da considerare come uno fra i maggiori ed originali innovatori della seconda metà del Ventesimo secolo; è la risposta italiana alle proposte di Ray Johnson, ovvero l’altra faccia della Pop art statunitense. Ha vissuto l’espressione contemporanea dal secondo dopoguerra, fino alla morte avvenuta il 20 novembre 1990, come autore libero, non condizionato da schemi ed imposizioni.

Fu il primo -commenta dalla struttura ospite Giovanni Bonanno- “a porre in modo evidente il problema della mercificazione e del condizionamento da parte del potere culturale attuando per reazione uno straordinario «attivismo di contrasto frontale» con il sistema impenetrabile dell’arte ufficiale. L’arte, dopo essere stata relegata per molto tempo al chiuso delle idee, con l’attuazione dell’autostoricizzazione diveniva liberazione, apertura delle frontiere culturali”. Ecco perché Cavellini si ritrovò a condividere contemporaneamente vari campi d’esperienza trasversali ed alternativi, collocandosi ai margini di un sistema, in una zona franca. Inoltre, preferendo ed impiegando la mail art, avviava il confronto con autori di diversa esperienza e latitudine sparsi in tutto il mondo. “Una pratica, quindi, «di lucido confronto» che poteva fare a meno del mercato”.

Quattro dei “francobolli” in mostra: “Tronco in legno e scala di colori” (1985), “Allen Johns” (colori acrilici su tela emulsionata, 1970), “Crocefissi” (collage foto su legno, 1986) e “Liz” (colori acrilici su tela, 1989)
Quattro dei “francobolli” in mostra: “Tronco in legno e scala di colori” (1985), “Allen Johns” (colori acrilici su tela emulsionata, 1970), “Crocefissi” (collage foto su legno, 1986) e “Liz” (colori acrilici su tela, 1989)



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