“Uno dei problemi che maggiormente interessa il movimento della corrispondenza sia nazionale che internazionale è la confezione dei sacchi-dispacci che, chiusi in sacchi -mediante un sistema primordiale- vengono suggellati ancora coll’uso della ceralacca”. Così spiegava, in un articolo del 20 gennaio 1910, il “Corriere della sera”, non trascurando di ricordare che solo in Italia si formavano ogni giorno all’incirca 400mila dispacci.
Era l’esordio per documentare la presentazione avvenuta il giorno prima a Milano, partecipi diversi notabili cittadini e uno stuolo di impiegati. Protagonista il funzionario postale Fossati, impegnato nell’illustrare il suo sistema di chiusura automatica, dove la ceralacca è sostituita “da un lucchetto semplicissimo, di poca spesa, il quale, quando è fissato alla sua armatura collo spago, determina la chiusura a scatto. Il suggello è costituito da un piombino comune. Esso però presenta il grande vantaggio di non richiedere che un quinto dello spago occorrente per legare un sacco coi sistemi su citati, oltre all’altro grandissimo della sua indispensabile celerità”.
Secondo l’inventore, in un anno si sarebbero ammortizzate le spese e risparmiato altre 45mila lire, cifra che sarebbe lievitata a 240mila già dall’anno successivo.
In realtà, le cose non sono andate proprio come auspicava l’interessato, poiché ancora nel 1947 -lo ha scoperto lo studioso Mario Coglitore analizzando gli archivi di Poste italiane- Michele Bertorello, impiegato che si era già distinto per diversi altri accorgimenti volti a migliorare l’attività quotidiana dietro agli sportelli, suggeriva una macchina per chiudere in modo automatico i dispacci.