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editor Fabio Bonacina

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Il 3 ottobre 1990 l’addio alla Ddr. Intanto, il dibattito prosegue, e l’interpellanza parlamentare dei controlli postali sui fuoriusciti rimane, sostanzialmente, senza dati

La versione di Berlino dell'annullo tricolore impiegato dal 3 al 6 ottobre
La versione di Berlino dell'annullo tricolore impiegato dal 3 al 6 ottobre

Il francobollo per il ventesimo dell’unità fra le due Germanie è uscito il 9 settembre. E per l’anniversario esatto, che si raggiungerà domani, non mancherà la sottolineatura marcofila (altre sono state impiegate e lo saranno nei prossimi giorni), utilizzata in ben ventidue città e caratterizzata dal triplo inchiostro: oltre al nero, si ricorrerà al rosso ed al giallo, così da formare la bandiera nazionale.

Tema che ormai appartiene al passato, ma il dibattito politico, prima che storico, è ancora attivo. Lo dimostra, fra l’altro, una recente interpellanza al Bundestag (l’equivalente alla Camera dei deputati), presentata da alcuni parlamentari della Linke, fra cui Gregor Gysi, che ebbe un ruolo chiave nel 1989. Riguarda la posta che viaggiava dalla Ddr alla Brd e finiva nelle maglie dei controlli occidentali.

Il punto di partenza è un servizio televisivo pubblicato da “Frontal 21” il 10 novembre 2009 in cui si diceva che i cittadini della Ddr usciti dalla Germania dell’Est venivano costantemente perseguitati: i giornali che ricevevano da oltre il “Muro” erano sequestrati dall’Ufficio per la sicurezza poiché avevano “un contenuto pericoloso per lo Stato”. Gli interessati dovevano acconsentire alla loro distruzione, altrimenti finivano sotto processo.

I firmatari del documento hanno chiesto al Governo se “Questo controllo sistematico esercitato dalla Germania dell’Ovest nel percorso da Oriente ad Occidente del materiale postale avesse una base di legge. Ciò che non doveva essere controllato passava per la dogana, la posta e la polizia. Tra il 1955 ed il 1968 furono verificati circa 100 milioni di pezzi”. Su quale base avvenivano questi controlli? “Tutto ciò che aveva sembianza di merce -è stata la risposta ufficiale- veniva ispezionato dall’ufficio doganale di competenza, sia che provenisse dalla Ddr, sia dalla Zona orientale di Berlino”.

Alla domanda “In quale periodo, chi o quale ufficio ha introdotto il controllo della posta e su quali basi?”, la replica è stata: “Era attivo fino al 31 dicembre 1991; il controllo è stato espletato fino all’unificazione”.

Un semplice “Il Governo tedesco federale non ha conoscenza di ciò” è stata la risposta a diversi altri interrogativi: “In base a quali indizi la posta veniva sequestrata o aperta?”, “Quanti cittadini vennero individuati da questi controlli?”, “Quanto spesso i controlli individuavano dei cittadini?”, “Quanti dei cittadini individuati erano della Ddr?”, “Quanti pezzi vennero sequestrati e aperti?”, “Per quanti cittadini vi furono sequestri o pezzi postali aperti, punto di partenza per ulteriori accertamenti, e quanti cittadini vennero effettivamente condannati su tali basi?”, “Per quanti cittadini furono aperti o sequestrati i pezzi nel quadro di accertamenti precedenti e quanti di questi cittadini furono effettivamente condannati?”, “In quanti processi vennero portati come prove pezzi sequestrati o aperti tra il 1955 e il 1968?”.

Più elaborata un’ultima replica, d’altro canto meno impegnativa dal punto di vista politico. “È vero che gli atti al ministero della Posta, degli Interni e della Giustizia e dell’Ufficio per la sicurezza non sono pubblici o accessibili per ricerche e, nel caso sia vero, perché non sono pubblici o accessibili?”. L’Esecutivo ha spiegato: “Dal 1955 al 1968 non può essere data nessuna risposta conclusiva in quanto gli atti si trovano negli archivi del ministero della Giustizia; i documenti vengono tenuti a tempo indeterminato. Nel caso si vogliano vedere le pratiche, ci sono i presupposti di legge per essere autorizzati e viene concesso il permesso per la ricerca. I contenuti degli archivi ora sono pubblici; si può fare richiesta per visionarli”.




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