Se finora si è parlato di esuberi del personale con particolare attenzione alle cinque regioni nelle quali sarebbe stata avviata la ristrutturazione interna, com’era prevedibile la manovra riguarda l’intero territorio. Ed anche gli uffici postali non eviteranno la scure: secondo un piano definito da Poste italiane come coerente al contratto di programma e al decreto “Criteri di distribuzione dei punti di accesso alla rete postale pubblica” di quattro anni fa, sarebbero interessate 1.731 sedi. I dettagli sono stati presentati già all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Si tratta di uffici da eliminare o da razionalizzare nei giorni e negli orari al pubblico perché “non garantiscono condizioni di equilibrio economico”. La chiusura, in particolare, concernerebbe 1.096 presìdi considerati non convenienti, a bassa operatività e collocati in un territorio a scarso potenziale, a condizione che nel comune ve ne rimanga almeno un altro. Ulteriori 57 cessazioni avrebbero mero carattere amministrativo, in quanto si tratterà solo di disattivare il frazionario. Si aggiungono 635 sportelli da ripensare nelle aperture perché la mole di lavoro non giustifica i turni attuali. Di questi, 239 toccano uffici già riorganizzati nel passato. Quale caso limite negativo è stato indicato lo sportello di Marsaglia (Cuneo), guidato da un solo addetto: è aperto sei giorni la settimana, ma statisticamente effettua appena 15,05 operazioni al giorno per 8,28 clienti, ed ogni mese paga 4,83 pensioni. In base alla scaletta, in luglio si terranno i confronti territoriali, “anche al fine di esaminare eventuali diverse proposte purché coerenti”. Sapendo che entro dicembre “si svolgerà a livello nazionale un incontro di verifica relativo alle modalità ed al livello di implementazione del piano”.