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editor Fabio Bonacina

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L’azienda rischia di perdere il contratto con Poste italiane perché troppo cara rispetto alla concorrenza ed i settecento lavoratori lanciano una petizione on-line

In questo momento, le firme sono 310; ne mancano 190 per raggiungere un primo obiettivo. È quanto sperano i settecento lavoratori della romana Gepin contact che, per attirare l’attenzione sul loro caso, hanno organizzato una petizione on-line tramite il sito change.org. Il documento è diretto alla ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, ed al collega ad Economia e finanze, Pier Carlo Padoan.

La ditta coinvolta da tredici anni cura l’assistenza clienti per tutto quello che riguarda i pacchi di Poste italiane ed Sda express courier, dai centralini alle attività successive l’accettazione.

La realtà guidata da Francesco Caio ha deciso di indire una gara per assegnare tali compiti. Si è chiusa la prima fase per quattro lotti inerenti il call center: dalla pre-assegnazione -viene spiegato- è emerso che gli importi offerti dai concorrenti sono del trenta per cento inferiori al costo del lavoro. “Insostenibili per una società che ha dipendenti come noi con contratto a tempo indeterminato e con anni di anzianità”. Probabilmente, i contendenti “delocalizzaranno e faranno uso di una precarizzazione sfrenata per poter rientrare” nelle spese.

“Le chiediamo aiuto -si legge nel testo- perché riteniamo che il Governo non possa tollerare che Poste italiane, la cui maggioranza azionaria è pubblica, possa rendersi protagonista di un massacro sociale. Poste italiane ci sta condannando a diventare nuovi esodati senza lavoro né pensione, ed avvallerà così il sistema delle gare al massimo ribasso (sotto il costo minimo del lavoro) che spinge l’Italia alla povertà dei lavoratori, alla loro precarizzazione permanente ed al peggioramento dei servizi in tutti i settori”. Settecento persone rischiano di perdere il posto “non per demeriti, non a causa della crisi ma perché un’azienda a maggioranza statale mette il profitto dinnanzi alla professionalità dei lavoratori ed al rispetto dei clienti”.

La protesta è fisica e digitale
La protesta è fisica e digitale



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