Una delle immagini collegate ai campi di concentramento nazisti riguarda i prigionieri costretti a suonare, ad esempio all’arrivo di nuovi sventurati, o per il divertimento degli aguzzini. Accadde ad Auschwitz (ad un certo punto, vi furono ben sei orchestre), Treblinka, Majdanek, Belzec, Sobibor. Un ruolo di primo piano lo giocò il violino. Esso -viene spiegato- tra le due guerre fu favorito dalla cultura ebraica dell’Europa Orientale. Durante le persecuzioni, permise di esprimere l’umanità in un mondo divenuto disumano, fuggire la realtà, comunicare l’aspirazione a ritornare liberi, trovare conforto e speranza. Accanto alle note, anche le canzoni, tanto che nel 1946 fu possibile pubblicare una raccolta dei brani creati nei ghetti e nei lager. Testimoni dell’intestimoniabile, alcuni di questi strumenti -al contrario dei loro proprietari- si sono salvati dall’Olocausto. In seguito sono finiti a Tel Aviv, dove il liutaio Amnon Weinstein si è dedicato al loro restauro, documentando le storie umane che celavano. E dopo il silenzio hanno ripreso ad… esprimersi. Presto, l’8 aprile, saranno protagonisti di un francobollo da 9,60 shekel emesso in Israele. Vi ha lavorato David Ben-Hador, che all’immagine ha aggiunto l’ingresso di Auschwitz-Birkenau, mentre sul “tab” figura un suonatore del tradizionale genere klezmer.
Quei violini della sofferenza
31 Mar 2014 00:56 - FROM ABROAD
Recuperati dopo le persecuzioni naziste e spesso sopravvissuti ai loro proprietari, sono stati restaurati. E presto verranno ricordati con un francobollo