C’è tutto il tempo -chiuderà nel giugno del 2012- per visitare la mostra “Libia - Una guerra coloniale italiana”, ospitata a Rovereto (Trento) presso il Museo storico italiano della guerra e annotata nella news precedente.
L’iniziativa ha originato un catalogo omonimo (168 pagine con illustrazioni anche a colori, 15,00 euro), cui hanno collaborato i curatori e lo storico Nicola Labanca.
È proprio Labanca a evidenziare le ricorrenze dell’occupazione (quantomeno dell’avvio, visto che il territorio potrà dirsi totalmente controllato soltanto nel 1931) e in particolare il centenario, caduto durante la crisi tra lealisti di Muammar Gheddafi ed oppositori, crisi che ha coinvolto diversi altri Paesi Italia inclusa.
Gabriele Bassi ha seguito l’allestimento “Una colonia per l’Italia. Italiani e libici dalla Guerra italo-turca alla «pacificazione» della Cirenaica. 1911-1931” e nel volume evoca il percorso storico che, originato attorno al 1860, ha portato mezzo secolo dopo ad invadere la cosiddetta “Quarta sponda”. Una missione presentata in un certo modo all’opinione pubblica ma che in realtà è risultata differente. I diari di guerra, le testimonianze, le lettere dei soldati italiani alle proprie famiglie -scrive l’esperto- “non nascondevano l’asprezza del conflitto ed il mancato rispetto di quanto promesso ai libici”. Una situazione diversa da quella registrata precedentemente in Eritrea e Somalia, e con un interlocutore organizzato, perlomeno in Cirenaica, con cui fare i conti: la Senussia. La soluzione è data dal proseguimento per anni delle attività belliche, definite come azioni di polizia, con la cattura e l’uccisione del leader della resistenza senussita Omar al-Mukhtār, la deportazione dei restanti dirigenti, i campi di concentramento destinati alla popolazione.
I concetti storici sono poi resi immagini da Enrico Sturani, che con “Un saluto da Tripoli italiana. Le cartoline della Guerra di Libia 1911-12” offre una selezione delle cartoline proposte nei quadri. Dapprima testimoni dell’esplosione di patriottismo come dell’immaginario nazionalistico, dell’orientalismo tornato di moda, del conflitto inteso dai più come una burletta, anche se non mancano le testimonianze di segno opposto. A ridosso delle operazioni, ecco le manovre trasformate in messaggi postali, fotografie cartolinizzate magari frutto di un montaggio così da associarvi altri elementi, come l’Italia turrita. E poi, le reggimentali, quelle che richiamano combattimenti, persino morti e feriti, rappresentati “nella chiave patriottica dell’eroico sacrificio”. Ancora, ecco catturati, condannati, impiccati ed esposti, i rapporti con le famiglie rimaste a casa, l’annuncio di Tripoli italiana.