Persino una petizione on-line per cercare di cambiare l’emendamento alla legge sulla protezione del patrimonio culturale. Accade in Germania: la normativa -secondo gli oppositori alla modifica- diverrebbe talmente onnicomprensiva da comprendere pure le collezioni tradizionali, come quelle di francobolli, libri, mobili, ceramiche, monete, auto d’epoca e dipinti. Prevedendo obblighi retroattivi che neppure l’appassionato più coscienzioso potrebbe permettersi. Il testo, ad esempio, contemplerebbe, in caso di contestazioni, l’inversione dell’onere della prova: toccherà dunque al detentore dimostrare la proprietà lungo gli ultimi vent’anni per gli oggetti dal valore superiore a 2.500 euro (per i reperti archeologici il minimo sarebbe 100 euro).
I collezionisti -viene ricordato- nel tempo hanno salvato i beni culturali. Le collezioni private integrano gli sforzi pubblici e garantiscono una diversità di tradizioni, come i musei da soli non potrebbero fare. Il collezionismo è un patrimonio immateriale, minacciato dalle attuali bozze legislative. Quanto si stabilisce non è realistico, considerando che lo scambio della maggior parte degli oggetti oggi sul mercato dell’arte nazionale ed estero diverrebbe atto illegale.
Per questo si chiedono perlomeno la non retroattività della legge; nessuna inversione dell’onere della prova; una chiara definizione del concetto di “patrimonio culturale nazionale” ed un limite nelle richieste da parte dello Stato; alcun ostacolo burocratico al traffico di quei beni culturali non definiti come patrimonio culturale nazionale all’interno dell’Unione Europea, in conformità al principio della libera circolazione delle merci; un adeguato coinvolgimento dei rappresentanti dei collezionisti e dei commercianti nel processo legislativo.