È trascorso mezzo secolo dalla stagione democratica di Imre Nagy in Ungheria, culminata a fine anno con l’intervento sovietico e la “normalizzazione” guidata da Janos Kadar.
A ricordarlo è oggi l’Islanda, all’epoca fra i Paesi scesi in aiuto dei fuoriusciti, recependo il sollecito dell’Agenzia Onu per i rifugiati.
Furono 200mila le persone che, al precipitare della situazione, varcarono la frontiera magiara, raggiungendo la Jugoslavia e l’Austria. “Il Governo islandese –sottolineano da Reykjavik- decise allora di accordare l’asilo politico a cinquantadue rifugiati. Gli ungheresi furono il primo gruppo organizzato ad ottenere questo statuto in Islanda. Si adattarono bene, e venticinque di loro più tardi presero la cittadinanza”. Un terzo risiede ancora nell’isola.
Il francobollo propone una colomba che fugge da un nido di filo spinato, accolta da due mani ospitali; è in vendita a 70 corone locali.
Alla ricorrenza si è naturalmente aggiunta l’Ungheria, che arriverà agli sportelli il prossimo 20 ottobre con un 500 fiorini. Il centro della bandiera offre un vero buco: ricorda la scelta dei rivoltosi di allora di strappare dal drappo il simbolo del regime.