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Su oltre tremila metri quadrati, un racconto fra documenti storici, oggetti quotidiani, opere d’arte. Numerosissime le cartoline. È “La guerra che verrà non è la prima - 1914-2014”

In mostra fino al 20 settembre 2015
In mostra fino al 20 settembre 2015

Chi si aspetta una mostra dai contenuti espressamente storici, forse rimarrà deluso. D’altronde, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto si è posizionato in maniera diversa. Ed anche questa volta, con “La guerra che verrà non è la prima - 1914-2014”, un titolo che cita Bertolt Brecht, è in grado di stupire. E lo farà fino al 20 settembre 2015.

L’obiettivo è chiaro: “attraverso lo sviluppo di contributi complementari fra loro”, viene spiegato, “l’esposizione si allontana dalla semplice riflessione sulla storia e offre uno sguardo più complesso sull’attualità del conflitto, ancora oggi al centro del dibattito contemporaneo”. L’intento non è inventariare le ostilità di ieri e di oggi, né misconoscere le irriducibili differenze; conta invece “la volontà di mantenere aperta la ricerca e la riflessione in un luogo in cui ricordare non significhi ridurre un evento a qualcosa di pietrificato, archiviato e definitivamente sigillato in se stesso ma, all’opposto, riveli interpretazioni e riletture capaci di esprimerne tutta la complessità”. Dietro, un progetto diretto da Cristiana Collu e curato da Nicoletta Boschiero, Saretto Cincinelli, Gustavo Corni, Gabi Scardi e Camillo Zadra in collaborazione con altri esperti.

Sala dopo sala, bacheca dopo bacheca, ecco gli infiniti richiami organizzati, in una successione libera, su oltre tremila metri quadrati. Richiami dovuti a documenti cartacei (come i manifesti, le pubblicazioni, i saggi, i diari, le figurine Liebig), le immagini (le foto dei feriti o dei trentini internati a Katzenau, i santini dei morti), gli oggetti (i copriscarponi dei soldati, i libretti delle preghiere, i giochi bellici), le opere d’arte, coeve o successive, se non attuali, con uno spazio particolare riconosciuto al concittadino Fortunato Depero.

Quanto alla parte postale, è davvero enorme, rappresentata soprattutto da cartoline, quasi sempre impiegate dalla parte dell’immagine. Forse, però, si è ottenuto l’effetto opposto di quello desiderato. Perché le teche piene di colori e con pochissime didascalie inducono l’osservatore a soffermarvisi superficialmente, senza riuscire ad apprezzare quanto offerto. Meglio, dunque, metterne di meno, ma al tempo stesso valorizzandole, visto che gli strumenti per riconoscere autori e contenuti non mancano: in questo senso, il catalogo (648 pagine, 55,00 euro, edito da Electa) accoglie un approccio più funzionale.

Per lo stesso settore, ecco poi, ma non sono che esempi, l’album di corrispondenze del volontario Riccardo Maroni (in combattimento Virgilio Berti), il carteggio scambiato tra le sorelle Angelini, Giacomo Balla e Filippo Tommaso Marinetti al fronte, missive riguardanti Gabriele D’Annunzio, Giuseppe Ungaretti, Giovanni Papini, la lettera tricolore di Anselmo Bucci. Anche oggetti artistici conservano spunti. Fra essi, la raccolta di prose dovuta a Camillo Sbarbaro e curiosamente intitolata “Cartoline in franchigia”. Da citare, tra i dipinti, quello di Ettore Beraldini, realizzato nel 1929 e intitolato “La canzone del Piave”. Riferimento a quel brano che E.A.Mario scrisse sui moduli dell’Amministrazione Pt tra il 1917 ed il 1918.

Forse troppe e poco valorizzate le cartoline presenti
Forse troppe e poco valorizzate le cartoline presenti

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