La partita, ancora una volta, si gioca sull’ultimo miglio, ossia sulle consegne, nel caso specifico generate dal commercio elettronico. Mentre il test dei “paccomat” rimane al palo (cinque quelli installati da anni e comunque mai promossi seriamente), Poste italiane ha spostato l’attenzione su Indabox, acquistandone la quota in mano al Club degli investitori.
Nata nel 2013, l’azienda torinese presenta i propri servizi in quattro tappe: si cerca un punto di appoggio affiliato (normalmente un bar, tabaccaio o edicola ed ora sono tremila, contando su accordi con Carrefour ed Ip); si acquista via internet indirizzando la merce nel punto individuato; si avvisa quest’ultimo; si attende il messaggino di arrivo. Costo dello stoccaggio 3,00 euro, ma la prima volta è gratuito.
“Dall’abbigliamento all’alimentare, passando per la tecnologia, i «web shopper» italiani sono sempre più numerosi”, chiosano dalla ditta, centrando il problema. “Sono altrettanto numerosi, però, gli utenti che vorrebbero acquistare on-line (o lo vorrebbero fare più spesso), ma non hanno a disposizione un luogo presso il quale far recapitare i prodotti acquistati. Molti sono costretti a rimanere «bloccati in casa» (o, peggio, costringono altri a farlo: zii, suocere o anziane madri) in attesa che arrivi il corriere”.