“Le malattie infettive 200 anni dopo la nascita di Filippo Pacini” è il tema del convegno citato dall’annullo che oggi verrà impiegato presso il Polo universitario di Pistoia, in via Pertini 358, dalle ore 9 alle 16. Richiesto dalla Fondazione Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia, è volto a ricordare l’anatomista ed istologo originario della città toscana (morì a Firenze nel 1883).
L’iniziativa si inserisce in un contesto più ampio. Che prevede altri tre manuali, utilizzati per segnalare il simposio “Filippo Pacini, il Risorgimento delle scienze mediche” (usato il 25 maggio), il “LXVI Congresso nazionale” della Società italiana di anatomia e istologia (previsto dal 20 al 23 settembre), la mostra “Vita e scoperte di Filippo Pacini” (aperta dal 20 settembre al 31 ottobre). Con l’ambizione di arrivare, se possibile, al francobollo. Da tempo -conferma Giulio Masotti, che è consigliere della stessa Fondazione nonché cardiologo, geriatra e professore all’Università di Firenze- “abbiamo inoltrato la richiesta al ministero competente ma a tutt’oggi non abbiamo avuto risposta”.
La ricorrenza -spiega- “appare l’occasione più adatta per celebrare adeguatamente una delle maggiori personalità che l’Italia abbia dato alla scienza nel campo della Medicina e della Biologia”.
Filippo Pacini seppe coniugare le sue grandi intuizioni con il geniale utilizzo di quello che era allora il mezzo tecnologico di ricerca più avanzato, il microscopio. Nel 1835, ancora studente, scoprì i corpuscoli dei nervi digitali responsabili della sensazione tattile, e non è un caso se adesso portano il suo nome. Fu docente di Anatomia a Pisa tra il 1844 ed il 1846, dall’anno seguente professore di Anatomia ed Istologia all’Istituto di studi superiori di Firenze. Nel 1854, durante la pandemia di colera scoppiata nella stessa città (si sviluppò dal 1846 al 1863), scoprì e descrisse l’agente responsabile della malattia, il vibrione del colera. Forte di queste osservazioni, sostenne, contro la teoria allora imperante dei “miasmi”, che il contagio era dovuto alla trasmissione interumana attraverso un microrganismo, precorrendo così uno dei concetti fondamentali della medicina moderna, la causa delle malattie infettive. La scoperta -dice il professore- “fu completamente ignorata dalla comunità scientifica”. Trent’anni dopo, nel 1884, Robert Koch, padre della Batteriologia e scopritore del bacillo della tubercolosi, all’oscuro del lavoro effettuato dall’italiano, descrisse nuovamente il vibrione e nel 1905 gli fu assegnato il Nobel. Solo ottantadue anni dopo la morte a Filippo Pacini venne resa giustizia: nel 1965 il Comitato internazionale sulla nomenclatura adottò ufficialmente la denominazione di “Vibrione del colera Pacini 1854” per indicare l’agente responsabile del colera.