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editor Fabio Bonacina


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Inaugurata ieri sera la mostra “Romagne - Dalla posta dei papi all’Unità d’Italia 1852-1861”. Potrà essere raggiunta sino al 5 febbraio

Un momento della presentazione, svoltasi ieri sera
Un momento della presentazione, svoltasi ieri sera

Un luogo significativo (il Museo della città), un periodo dilatato (da ieri al 5 febbraio), un percorso unico (in luogo di diverse collezioni): sono questi gli elementi qualificanti della mostra “Romagne - Dalla posta dei papi all’Unità d’Italia 1852-1861”, organizzata dall’Associazione italiana di storia postale grazie al supporto locale di Maurizio Caimmi e Stefano Ceccaroni. Mostra che comunque resta indirizzata principalmente ad un pubblico di appassionati.

L’Aisp -ha ricordato il suo presidente, Angelo Simontacchi, alla presentazione svoltasi domenica sera- è nata nel 1966 da otto filatelisti, primo sodalizio nazionale concentrato nella storia postale. Ha sempre puntato sulla qualità più che sulla quantità dei soci, e non a caso per un lungo periodo ha mantenuto il numero chiuso a cento iscritti. Accantonata tale norma, ora sono centocinquantatré. Gli aderenti trovano una biblioteca -condivisa con l’Unione filatelica lombarda- ricca di diecimila titoli, esposizioni (la prossima è prevista nell’ambito di “Milanofil”) e conferenze (dopo quella di due giorni fa a Milano, altre sono in programma a Torino e Roma).

Dal canto suo, il presidente del Circolo culturale filatelico numismatico cittadino, Angelo Grilli, nella cerimonia pubblica ha ricordato il valore distintivo e rilassante garantito dal collezionismo di francobolli, il suo significato a livello storico e naturalmente economico.

Un bilancio su come il centocinquantesimo dall’Unità sia stato vissuto a livello nazionale e locale è stato offerto dal rappresentante dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Giovanni Luisè. Il quale ha sottolineato, ad esempio, come le iniziative non debbano terminare con la fine dell’anno fatale.

Anche la filatelia non ha bisogno di anniversari, perché -ha detto Stefano Ceccaroni- ha sempre ricordato il Risorgimento. L’esperto si è soffermato su alcuni elementi che caratterizzano le produzioni postali utilizzate nelle Romagne e visibili alla mostra. Come i nominali in funzione delle distanze, l’impiego dei frazionati (la singola carta valore poteva essere tagliata addirittura in sei parti), la presenza dell’affrancatura al retro del plico nel momento in cui a pagare fosse il destinatario.

Guido Morolli si è incaricato di presentare il periodo dei francobolli firmati dal Governo provvisorio: un territorio oggi neanche Regione autonoma, allora produsse emissioni come uno Stato indipendente. Citando, per dire, gli instradamenti particolari dettati da battaglie e chiusure di confine o le tracce inneggianti alla corona sabauda presenti sui carteggi.

L’ultimo periodo, quello dei francobolli piemontesi adoperati nell’area, è stato analizzato da Bruno Berti. Ricordando, fra l’altro, il non riconoscimento della nuova realtà da parte del Pontificio, che riteneva tali terre usurpate e quindi considerava i plichi come non affrancati.

Il percorso è ospitato a Rimini presso il Museo della città; potrà essere raggiunto fino al 5 febbraio
Il percorso è ospitato a Rimini presso il Museo della città; potrà essere raggiunto fino al 5 febbraio

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