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editor Fabio Bonacina

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Come, nella neutrale Italia e nella belligerante Francia, si vedono i primi mesi di conflitto

Cento anni fa, la Prima guerra mondiale. Ma come venne letta dai collezionisti? Un’idea la offre “Il bollettino filatelico”, allora diretto da Roberto Palmieri. Di là dall’editoriale pubblicato nel numero del 15 agosto 1914, cui le valutazioni risultano tra il geopolitico ed il commerciale, sono diverse le informazioni spicciole che il periodico offre ai propri interlocutori.

Nello stesso numero, ad esempio, avverte che, data la situazione, “tutte le lettere -anche raccomandate ed assicurate- vengono aperte, dagli Stati belligeranti, tanto in arrivo che in partenza”. Con il numero del 15 settembre, ribadendo che gli appassionati “trovano nei francobolli una distrazione, un diversivo, un sollievo pel loro animo conturbato da tanti orrori”, incita il settore affinché “la stagione (collezionistica, ndr) s’inizii ugualmente e si sviluppi”, ad esempio “organizzando dei cicli di conferenze istruttive, invitando i soci ad esporre per turno le loro collezioni, tenendo borsa filatelica in ogni domenica”. Ed aggiunge una proposta: raccogliere francobolli (ma “opportunamente scelti, va da sé, non zavorra e roba di nessun valore”) per comporre lotti da mettere all’asta, devolvendo poi il ricavato alla Croce rossa.

Trenta giorni dopo registra la chiusura -dichiarata l’1 ottobre- di tutti gli uffici postali esteri presenti nell’Impero Ottomano: termina così il regime delle capitolazioni. Al tempo stesso, ribadisce la neutralità della testata nei riguardi delle parti, uniformandosi alle indicazioni governative. Annuncia le prime emissioni che testimoniano la realtà: i francobolli di Parigi e Bruxelles in favore della Croce rossa ed i “provvisorii belgi-tedeschi”. Questi ultimi particolarmente interessanti, perché la caccia degli appassionati “è pei francobolli degli Stati i cui territorii furono occupati da forze nemiche”.

Ben diversa è la situazione vissuta nei Paesi in conflitto. Come su “L’éco de la timbrologie”. Il quale si domanda se è lecito acquistare le cartevalori nemiche. Da oltre la Manica -scrive il periodico il 30 novembre 1914- la Royal philatelic society aveva risposto picche. “È consigliabile -dice la nota- che i nostri iscritti, così come tutti i collezionisti ed i commercianti, si astengano, durante la guerra, di vendere ed incoraggiare la vendita o l’acquisto dei francobolli in corso emessi dalla Germania e dall’Austria così come dalle loro Colonie, sia che si tratti di emissioni generali, sia di speciali per la fase bellica”. La redazione francese, però, non è convinta e nota come la legge nazionale non abbia previsto nulla in materia. Piuttosto, sono alcuni giornali, fra cui l’“Intransigeant”, a chiedere di bloccare l’importazione delle novità, per evitare che le cartevalori teutoniche sovrastampate “Belgien” possano fruttare soldi poi destinabili alle spese militari. La decisione finale è demandata ai lettori e, nel numero successivo, arriva la risposta: niente pubblicità alle produzioni avversarie.

Una busta affrancata con le cartevalori di occupazione tedesca e viaggiata in Belgio. Anche gli annulli testimoniano il difficile momento
Una busta affrancata con le cartevalori di occupazione tedesca e viaggiata in Belgio. Anche gli annulli testimoniano il difficile momento



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