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editor Fabio Bonacina

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Una misteriosa quanto effettivamente accaduta vicenda risalente alla Francia di cento anni fa, un processo, migliaia di lettere anonime

Storia, vera, di lettere anonime
Storia, vera, di lettere anonime

Tulle, cittadina francese agli inizi del secolo scorso. Una provincia un po’ appartata, un posto come tanti, con la quiete dei vicoli e l’animazione delle piazze, il mercato e la cattedrale, la Corrèze, cioè il fiume placido costeggiato da alberi ombrosi. Tulle, abitata da distinti borghesi e da antiche famiglie di artigiani e commercianti. Tulle, una provincia tipica, in cui le velleità urbane convivono con le radici contadine. Un luogo tranquillo, insomma. Che cosa potrà mai accadere di straordinario nell’anonima Tulle?

È da tale contesto che prende spunto “Le calligrafie del corvo”, storia veramente accaduta e trasformata -con il supporto dei documenti dell’epoca e valorizzando gli scritti epistolari- da Francette Vigneron in un libro, edito da Nutrimenti (416 pagine, 18,00 euro).

Racconta la vicenda di lettere anonime firmate “Occhio di tigre”. È il 1917 quando la prima della lunga serie -saranno migliaia- comincia ad incrinare la calma apparente, prima in maniera sotterranea, poi sempre più eclatante, sollevando il coperchio su un groviglio di vizi veri o presunti, disseminando odio e oscenità, causando la morte di due persone, fino ad un epilogo che tenne l’intero Paese col fiato sospeso, scuotendo l’opinione pubblica e chiamando in causa le voci dei più autorevoli medici e scienziati dell’epoca. Chi era l’oscuro firmatario delle missive vergate a mano, che per cinque, lunghi anni tenne in scacco una comunità intera?

Il caso giudiziario ispirò a Jean Cocteau la pièce teatrale “La macchina per scrivere” (1941) ed a Henri-Georges Clouzot il film “Il corvo” (1943).




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