Pensare che solo una decina di giorni fa, in sede di assemblea degli azionisti di Poste italiane, la Cassa depositi e prestiti, che detiene il 35% del pacchetto, aveva deciso insieme al partner di maggioranza, ossia il ministero all’Economia e finanze, di incassare il dividendo 2009, fissato complessivamente in 500 milioni da un utile di esercizio pari a 736.660.139 euro. Ed oggi, al termine della riunione del cda presieduta da Franco Bassanini, il passo successivo: Cdp esce dalla partita, cedendo la propria quota allo stesso dicastero, in una transazione che comprende anche il 17,362% detenuto in Enel spa (pari a 1.632.624.218 di azioni ordinarie) e il 50% di Stmicroelectronics holding nv. Per contropartita, il Mef passerà alla Cassa un quantitativo di azioni di Eni spa per un valore corrispondente. Attraverso l’operazione, e salvo ulteriori sorprese, il Mef aggiungerebbe al 65% di Poste già posseduto (pari, in base al bilancio 2009, ad 848.971.500 azioni ordinarie dal valore nominale di un euro ciascuna) il residuo 35% (457.138.500), diventando, almeno per ora, socio unico. “In previsione -ricorda Gianfranco Petrillo nel suo saggio inserito in «Le poste in Italia - Fra Stato e impresa. Dagli anni Settanta ai giorni nostri» (Laterza), riferendosi al 2003- dell’indebolimento del comparto corrispondenza dovuto all’azione convergente della Ue e del Governo in direzione della sua liberalizzazione completa, Poste italiane si diede «a sviluppare attività» volte a migliorare l’efficienza e ad elevare gli standard di qualità. Contestualmente, si fece un piccolo passo avanti verso una reale privatizzazione, con il trasferimento del 35% della proprietà azionaria alla Cassa depositi e prestiti”. Ed ora? La parola è al ministro, Giulio Tremonti!
Il ritiro di Cdp da Poste italiane
30 Giu 2010 18:20 - NEWS FROM ITALY
L’intera quota ceduta al ministero all’Economia, che così diventa socio unico