Chi ritira le lettere di amori perduti o desiderati lasciate a Verona sotto il balcone di Giulietta Capuleti? È un gruppo di signore (tra cui Milena Vukotic) che ogni giorno -con il supporto del Comune- prende le missive, le legge, scrive le risposte, le affranca con il 65 centesimi “San Giorgio e la principessa di Trebisonda” dell’ordinaria “La donna nell’arte” e le imbuca, sperando di aiutare il prossimo.
Comincia così “Letters to Juliet”, il film che in questi giorni ha raggiunto il grande schermo anche nei cinema italiani. “La cosa meravigliosa di questa tradizione (quella del cortile) e dell’amore in generale, è che ci vogliono credere tutti”, dice il regista Gary Winick. Dagli anni Trenta in poi la sfortunata protagonista ha ricevuto migliaia di missive dal mondo intero: talvolta sono semplicemente indirizzate a “Giulietta - Verona”, eppure arrivano a destinazione (cioè al Club di Giulietta), dove sono al lavoro molti volontari. Tutte hanno un riscontro, a volte con l’aiuto di traduttori esterni.
L’idea della pellicola ha preso forma quando le produttrici Caroline Kaplan ed Ellen Barkin furono attratte da un album di Elvis Costello, “The Juliet letters”, attraverso il quale si resero conto della questione. Qualche tempo dopo scoprirono il libro, “Letters to Juliet: celebrating Shakespeare’s greatest heroine, the magical city of Verona and the power of love” (“Lettere a Giulietta”), scritto dalle sorelle Lise e Ceil Friedman. “Più ci documentavamo su questo fenomeno e più ci sembrava un’idea bella, romantica”, aggiunge Caroline Kaplan.
Sul filo della narrativa postale, il tranquillo impegno viene stravolto dall’arrivo, un giorno, di un’aspirante giornalista statunitense (interpretata da Amanda Seyfried), che comincia ad aiutare il gruppo e trova, dietro ad una pietra della storica costruzione, una missiva scritta mezzo secolo prima, nel 1957. Si decide comunque di dare corso alla richiesta, e la replica viene ricevuta dalla mittente di allora (Vanessa Redgrave), un’inglese -ormai nonna- che si fa convincere a ritornare in Italia per trovare la sua vecchia fiamma. E scatta la ricerca per tutta la Toscana, allo scopo di individuare il Lorenzo Bartolini (Franco Nero) abbandonato all’epoca.
La signora, accompagnata dal nipote (Christopher Egan) e dalla ragazza nordamericana, ci riuscirà e il lieto fine -doppio- è garantito. Anche se la scena conclusiva, che ancora una volta richiama il terrazzino reso famoso da William Shakespeare, assume un po’ i contorni della parodia.