Il concetto di “guerra postale” conduce la mente al serrato confronto, durato decenni, fra le due Germanie, oppure quelli, temporalmente più brevi ma altrettanto esemplificativi, tra gli Stati Uniti e il Vietnam o l’Iran.
In realtà, l’impiego di francobolli, annulli, annotazioni polemiche, censure e rispedizioni al mittente per sostenere una pretesa politica o una battaglia è anche precedente, e ha trovato una situazione florida per svilupparsi soprattutto nell’America Latina, per il Chaco, le Falkland-Malvinas, la Terra del Fuoco…
“Die «klassischen postkriege» vor 1948”, scritto in tedesco ed inglese da Wolfgang Elsner, offre alcuni altri esempi decisamente meno noti. Nelle 100 pagine illustrate a colori (30,00 euro), l’esperto richiama le conseguenze postali per l’occupazione germanica di Alsazia e Lorena del 1870-1871, l’invasione cilena di aree peruviane durante la Guerra del Pacifico (1879-1884), la conquista statunitense della messicana Veracruz nel 1914, il comportamento della Cina negli anni Venti e Trenta del Novecento per disconoscere l’indipendenza della Mongolia e la dominazione giapponese sulla Manciuria. E poi, ancora, la propaganda sovietica bocciata dalla Polonia, i rifiuti elvetici per le spedizioni che presentavano richiami alla vittoria provenienti dai Paesi belligeranti durante la Seconda guerra mondiale…