Questa raccolta è stata curata da Leo Spitzer (1887-1960), uno dei maggiori linguisti e filologi del Novecento; s’intitola “Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918” (482 pagine, 30,00 euro).
Durante il conflitto, lo specialista fece il censore austroungarico; il suo compito era filtrare la corrispondenza dei reclusi nemici, una quantità immane e senza precedenti di scritti spediti da uomini e donne poco o per nulla scolarizzati, spesso più a loro agio con gli attrezzi del lavoro che con una penna o una matita, e quasi sempre più abituati al dialetto che alla lingua.
Le missive scelte -spiegano dalla casa editrice che ha riproposto il volume, Il saggiatore- “ritraggono il momento in cui le voci degli umili -da sempre relegate nell’oralità dei dialetti- si riversarono come un’ondata di piena nell’italiano scritto, spinte dalle urgenze tragiche della guerra, della fame e della lontananza”. La loro comparsa segnò un punto di svolta per gli studi storici e linguistici, che si aprirono ad una prospettiva dal basso sul conflitto e sull’idioma.
Rispetto a versioni precedenti, questa completa le corrispondenze con i nomi dei mittenti, finora coperti dall’oblio, e con correzioni che restituiscono i testi alla loro integrità.