Mentre l’arrivo della nube tossica in Italia è atteso per questa sera, e mentre alcune strutture specializzate (fra cui quella vaticana) si stanno domandando se e come ricordare le vittime -il cui numero aumenta ogni giorno- con una sottolineatura filatelica, il Giappone continua ad affrontare la doppia emergenza sorta con l’11 marzo. Da una parte il soccorso ai sopravvissuti da terremoto e tsunami, dall’altro le conseguenze della contaminazione nucleare.
Fra le realtà in prima linea figura Japan post. Pur nelle difficoltà, il servizio di consegna adesso ha ripreso, ad eccezione di un raggio di trenta chilometri dalla centrale atomica di Fukushima. Nonostante le notizie allarmanti che giungono dai media, l’operatore ha chiesto ai partner stranieri di continuare a spedire gli invii e ad accettare quelli che vengono dal Paese. Anche le attività internazionali marittime ed aeree sono riprese, sia pure stravolte nella programmazione e limitatamente ai porti ed aeroporti principali scampati all’onda anomala.
L’area in cui sono possibili disservizi, ad esempio per le restrizioni al traffico, i divieti di accesso o l’inagibilità delle strutture postali, si è circoscritta alle coste e all’entroterra delle prefetture di Aomori, Iwate, Miyagi, Fukushima, Ibaraki e Chiba.
“Stiamo effettuando ogni possibile sforzo per recapitare gli effetti, comprese le ricerche nelle strutture di evacuazione allo scopo di individuare i destinatari, in quanto riteniamo che la rete postale rappresenti uno dei più importanti metodi di comunicazione disponibili”, precisa la stessa Japan post. Soltanto nel momento in cui gli aventi diritto non sono rintracciati, i materiali vengono restituiti al mittente.
Intanto, si pensa alla ricostruzione: gli uffici danneggiati o distrutti sono 330. L’Unione postale universale -ha detto il direttore generale, Edouard Dayan- “farà tutto il possibile per partecipare, in cooperazione con le autorità nipponiche, al ristabilimento del servizio nelle regioni coinvolte”.