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editor Fabio Bonacina

27341 news from 8/3/2003

L’impianto, ubicato davanti alla stazione Termini, entrò in servizio il 15 aprile 1960. Tra le apparecchiature, una affrancava ed imbucava automaticamente lettere e cartoline

Un'utente in posa davanti alla struttura
Un'utente in posa davanti alla struttura

“Messo in esercizio il 15 aprile scorso per concludere con un sondaggio dell’opinione pubblica la fase di sperimentazione degli apparecchi idonei all’installazione in Italia di una rete di servizi postali automatizzati, è entrato subito nelle simpatie di tutti”.

Così cesellava, fiduciosa, la rivista “Poste e telecomunicazioni” nel numero di maggio-giugno del 1960. Riferendosi al “robot postale”, come viene chiamato nell’articolo. Nomignolo giornalistico con cui era definita la complicata struttura definita ufficialmente “posto automatico” ed allestita in piazza dei Cinquecento a Roma. Elemento d’avanguardia inserito nello stesso percorso per il quale, quattro anni prima, la città aveva ospitato la “Mostra della meccanizzazione postale della Comunità Europea”.

Il “posto automatico” era stato creato aggiungendo alcuni strumenti all’esterno del chiosco esistente della posta celere. Fra essi c’era l’“affrancatrice impostatrice automatica”, realizzata dalla Omt di Taranto. Introducendo nelle feritoie la lettera e le monete, affrancava meccanicamente per qualsiasi importo compreso tra le 5 e le 105 lire. A dirla tutta, macchine simili erano già in funzione -documentava in gennaio “Rassegna postelegrafonica”- “nelle sale del pubblico in alcuni uffici principali dei grandi centri”. Ma quella collocata davanti alla stazione Termini era esterna, quindi operativa 24 ore su 24, e più articolata. Di fianco, infatti, aveva distributori in grado di fornire francobolli in bobine da 10, 15 e 25 lire, nonché un terzo congegno (sempre della Omt) che, in cambio di 50 lire, scodellava due cartoline postali. Enzo Diena, sul “Collezionista” di giugno, accenna -oltre ai frequenti inceppamenti- anche ad un quarto dispositivo, per i biglietti postali.

Il complesso era arricchito da ulteriori elementi: una mensola scrivimpiedi, una tabella illuminata con le tariffe e l’indicazione degli uffici postali più vicini, una serie di cassette per impostare separatamente i plichi diretti in città e alle destinazioni esterne ma anche aerei ed espressi, pannelli con indicazioni per migliorare il servizio (come “applicate i francobolli in alto a destra” ed altre, impiegate persino con gli annulli a targhetta), tre telefoni a gettoni con relativo distributore e raccoglitori per le guide. “È certo -prosegue il testo- che verrà qui installato un apparecchio distributore di francobolli in libretti, comprendenti una serie di valori diversi. Ciò sarà possibile non appena saranno risolti i vari problemi connessi a tale tipo di confezione”.

L’obiettivo era estendere ulteriormente l’esperienza in altri luoghi, prima di tutto città e località turistiche; tuttavia le cose andarono diversamente. Vuoi per “l’accoglienza favorevolissima” ma alquanto impacciata degli utenti, vuoi per “l’elevato costo delle macchine distributrici, il maggior costo di confezione in rotoli dei francobolli, la complessa organizzazione generale di esercizio, con personale tecnico specializzato, occorrente per la manutenzione”.

Morale, il capitolo venne rapidamente chiuso, ed oggi il materiale riconducibile all’impianto rappresenta una vera rarità.

Il chiosco nel suo complesso e una affrancatura meccanica del “posto automatico” (foto: “Poste e telecomunicazioni” 1960; impronta: Roberto Di Casola)
Il chiosco nel suo complesso e una affrancatura meccanica del “posto automatico” (foto: “Poste e telecomunicazioni” 1960; impronta: Roberto Di Casola)



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