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Soprattutto chi si occupa di annullamenti apprezzerà la lettera con testo spedita l’1 giugno 1861 utilizzando come affrancatura il 2 grana di Province Napoletane. Di là dal particolare periodo storico, il quale richiese per il territorio cartevalori postali specifiche, la missiva, che viaggiò all’interno dell’attuale provincia di Chieti, si fa notare appunto per la parte marcofila. Propone il lineare stampatello diritto di Casoli, mentre il francobollo venne annullato a Lanciano il giorno successivo con il cerchio. Al retro compare il bollo di arrivo nel capoluogo.
Un errore nella composizione tipografica e il francobollo venne stampato, emesso, venduto e utilizzato senza una “c”. Trasformando quindi la parola già abbreviata “cent.” per “centesimi” in una… abbreviatissima “ent.”. Il reperto si trova su una missiva con testo spedita il 29 luglio 1853 da Reggio Emilia a Guastalla; è il taglio da 5 verde del Ducato di Modena con il punto dopo la cifra (nel foglio da duecentoquaranta esemplari si trova nella settantanovesima posizione). Fu reso inservibile attraverso l’annullo a sei sbarre. Il giorno successivo all’impostazione, il plico raggiunse la meta: lo testimonia la bollatura presente al retro.
Sicilia - Una lettera diretta a Messina, dove arrivò l’8 febbraio 1859, come indicato dal bollo presente al verso. È caratterizzata da due esemplari dell’1 grano, I tavola, I stato; uno è di colore bruno ruggine intenso, l’altro risulta bruno ruggine con, però, una grande ritocco, tanto da aver fatto scomparire l’orecchio di Ferdinando II. Entrambi i francobolli sono annullati a ferro di cavallo, lasciando scoperta -così com’era previsto- l’effigie del sovrano. Secondo gli esperti, le affrancature con questa significativa particolarità sono estremamente rare; in combinazione con l’analogo taglio normale è considerata unica.
Per la nota corrispondenza di Vito Viti rappresenta una tariffa non comune, possibile con il porto a destino tra l’1 maggio 1857 e il 31 ottobre 1858. Viene mostrata dalla lettera con testo spedita il 29 agosto 1858 da Carrara a Filadelfia, negli Stati Uniti. Richiese 1,40 lire, cifra rappresentata dall’1 lira bianco e dal 40 centesimi azzurro scuro con punto dopo la cifra. I francobolli estensi furono resi inservibili con l’annullo a sei sbarre di Carrara. L’annotazione di tassa manoscritta “3” situata a lato è spiegata in quanto la missiva fu inoltrata via Sarzana, arrivando a Genova (al verso ci sono i relativi bolli del giorno 30). Il plico attraversò l’oceano a bordo di un piroscafo postale francese; lo testimoniano il bollo poco impresso “Sardaigne-Culoz 2 Sept.” e la tassa a tampone “21” più, al retro, il “Paris-Calais 2 Sept. 58”.
Furono necessari 40 centesimi per pagare la spedizione da Piacenza a Trieste del 4 agosto 1857. La lettera, con testo, si fa notare tuttavia per un’altra particolarità: il francobollo ducale impiegato è quello azzurro dell’emissione datata 1857-1859, ma caratterizzato dallo “0” del valore nominale stretto. Per la cronaca, la missiva giunse nella città giuliana il giorno 6; lo certifica il bollo rosso presente al retro.
Balza agli occhi per l’associazione cromatica ma, dal punto di vista filatelico, gli elementi da notare sono soprattutto altri. Li propone la lettera spedita da Roma ad Aix-en-Provence il 17 dicembre 1868; si caratterizza per l’affrancatura mista di Pontificio, composta dal 20 centesimi rosso bruno scuro del 1868 e dall’80 rosa lillaceo vivo dell’anno precedente. Quindi, un dentellato e un non dentellato. Entrambi furono resi inutilizzabili con l’annullo a rombi. Si aggiungono il datario, l’indicazione che il servizio era stato pagato fino a destino, il bollo di instradamento francese e, al verso, quello di arrivo.
Da Reggio a Milano il 26 settembre 1859: già si fa notare per essere stata spedita durante il Governo provvisorio. È una lettera affrancata ancora con cartevalori ducali (erano le uniche disponibili), nel caso specifico una coppia del 10 centesimi rosa con punto dopo la cifra; l’importo pagato equivaleva alla tariffa sarda per un invio nei 7,5 grammi di peso. Il tragitto è documentato dalle impronte che testimoniano la partenza dal centro emiliano anche con il “Posta lettere Reggio” e -collocato al verso- il bollo d’arrivo nella città lombarda.
Ha le sue ragioni anche dal punto di vista estetico. È la lettera spedita da Roma a Lione il 29 marzo 1867. La cura garantita dal mittente (o dall’addetto postale) ha fatto sì che la striscia di cinque francobolli del 2 bajocchi bianco verdastro si presentasse perfettamente applicata e diritta. Ogni esemplare venne reso inservibile con l’annullo a griglia. Si aggiungono le indicazioni di porto a destino, il bollo di partenza, quello francese rosso di instradamento e, al verso, la testimonianza postale dell’arrivo.
Non bisogna fermarsi alle apparenze. La lettera fu affrancata per un doppio porto e spedita da Livorno il 26 febbraio 1861, diretta a un interlocutore presente in città. Lo si desume dalle tracce presenti sull’invio: il bollo e la coppia dei tagli provvisori da 1 centesimo violetto scuro con lo stemma sabaudo in luogo del Marzocco. In realtà, contiene una circolare a stampa prodotta a Marsiglia e postalizzata tramite un intermediario in Toscana.
Nell’indirizzo venne scritto, come meta della lettera, “Villacco”: è Villaco o meglio Villach, in Austria. Caratterizza la missiva spedita da Modena alla cittadina delle Alpi il 4 giugno 1857. Venne affrancata dal Ducato con un 40 centesimi azzurro scuro con punto dopo la cifra e un errore di composizione tipografica, cosicché la parola “cent.” diventò “cene”. Una caratteristica premiata dagli intenditori. Il francobollo risulta annullato con la griglia a sei sbarre cui, a lato, fu aggiunto il bollo a “cappello” con luogo e data. Al retro, quello di arrivo.