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editor Fabio Bonacina

27892 news from 8/3/2003

Attraverso il risparmio postale, la Cassa depositi e prestiti finanzierebbe il sostentamento dell’Ilva, ma -secondo i promotori della campagna- senza possibilità di risultati positivi

“Vogliamo promuovere l’informazione dei risparmiatori, ad esempio davanti agli uffici postali e con una raccolta firme, progettando un’azione sinergica a livello nazionale con tutti i movimenti interessati ad un’economia di giustizia”. È quanto sostiene il sodalizio Peacelink a proposito dell’attenzione che Cassa depositi e prestiti, insieme ad una cordata di imprese, nutre nei confronti dell’Ilva di Taranto.

“Siamo di fronte ad un’operazione senza alcuna logica economica e spinta unicamente dalla volontà del Governo di liberarsi del problema” con una vendita, anche per difendersi dalle accuse europee degli aiuti di Stato. Eppure -viene aggiunto- lo statuto di Cdp “non consentirebbe un’operazione di questo genere”: il denaro gestito proviene dai risparmiatori postali che hanno acquisito buoni fruttiferi e libretti. Il suo impiego dovrebbe rispondere a criteri sociali volti ad escludere l’investimento in aziende decotte ed in perdita. L’articolo 3 prevede infatti “l’assunzione, anche indiretta, di partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale -che risultino in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività- che possiedono i requisiti previsti con decreto del ministro dell’Economia e delle finanze”.

In più, “è un atto non etico”, poiché l’Ilva figura sotto processo ed i suoi impianti più inquinanti sono stati sequestrati. A questo punto -concludono i sostenitori- meglio sarebbe creare un fondo di riconversione per aiutare i lavoratori ed avviare attività economiche alternative che possano impiegarli durevolmente.

I risparmiatori potrebbero finanziare un’azienda decotta?
I risparmiatori potrebbero finanziare un’azienda decotta?



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