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editor Fabio Bonacina

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Il concetto, già impiegato a Roma con la stessa accezione nel 2018, è stato introdotto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza per dare un supporto a quanti sono senza dimora

In cronaca tornano le “stazioni di posta”. Non quelle storiche che servivano a ospitare viandanti e cavalli nei lunghi viaggi e a scambiare appunto il corriere; l’obiettivo delle attuali è più sociale, anche se permane l’idea di fondo: fungere da riferimento per quanti sono sulla strada.

Un concetto non nuovissimo, visto che il Comune di Roma, con questa accezione, ne parlò già quattro anni fa. Ma ora la cosa è diversa; se ne discute, ad esempio, a Biella, Busto Arsizio (Varese), Cesenatico (Forlì-Cesena), Mantova, Milazzo (Messina), Ortona (Chieti), Pesaro, senza trascurare la Regione Puglia.

Il motivo è presto detto: “Housing temporaneo e stazioni di posta” è uno dei filoni previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, creato per rilanciare l’economia colpita dal coronavirus; prevede di investire, da qui al 2026, 450 milioni di euro assistendo almeno venticinquemila persone per un minimo di sei mesi.

Le “stazioni di posta” rappresentano centri di servizio e inclusione per chi non ha casa. Devono offrire, oltre a un’accoglienza notturna limitata, supporti importanti come quelli sanitari, di ristorazione, mediazione culturale, consulenza anche legale, orientamento al lavoro, distribuzione beni. Cui si aggiunge il recapito postale.

Parallelamente, ecco l’alloggio temporaneo allo scopo di garantire agli interessati sostegni per promuoverne l’autonomia e favorirne una piena integrazione. In altre parole, gli Enti locali rendono disponibili appartamenti a singole persone, piccoli gruppi o famiglie per una durata massima di ventiquattro mesi. Aggiungendo progetti su misura in favore di ogni singolo partecipante.

La distribuzione delle risorse economiche (in milioni di euro) fino al 2026
La distribuzione delle risorse economiche (in milioni di euro) fino al 2026



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