Secondo le ultime notizie circa le azioni di Poste italiane da cedere, palazzo Chigi penserebbe -a fine operazione- di arrivare a detenere all’incirca il 51%, quindi comunque la maggioranza delle quote. Attualmente, considerando la controllata Cassa depositi e prestiti (che ne possiede il 35%) e il ministero dell’Economia e delle finanze (29,26%), si arriva al 64,26%.
Intanto i sindacati ribadiscono la loro posizione contraria. Una nota di Slp-Cisl, Slc-Cgil, Uil poste, Confsal comunicazioni, Failp-Cisal e Ugl-Fnc ha annunciato alcune iniziative che segnano “l’avvio di un articolato percorso di mobilitazione della categoria volto a scongiurare le attuali scelte”.
Le prime fasi prevedono iniziative territoriali, come incontri con politici e istituzioni locali, con i sindacati dei pensionati e le federazioni interessate a preservare la vocazione sociale dell’azienda; si aggiunge la sensibilizzazione della cittadinanza e delle stesse istituzioni. Altre attività, invece, si collocano su un piano diverso; contemplano la richiesta di incontrare i capigruppo di Camera e Senato nonché i presidenti delle commissioni parlamentari che saranno coinvolte nella procedura; senza trascurare i presìdi davanti alle sedi delle medesime commissioni e le lettere a vari interlocutori.
Ora si sta lavorando al calendario.
Intanto, a palazzo Chigi
Ieri, nel frattempo, il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame preliminare, un provvedimento che regolamenta l’alienazione di una quota detenuta dal Mef, “tale da mantenere una partecipazione dello Stato, anche indiretta, che assicuri il controllo pubblico”. Le modalità “tenderanno anche a favorire la tutela dell’azionariato diffuso e la stabilità dell’assetto proprietario”.