Fin qui, nella notizia precedente, l’inquadramento storico. Ma quali sono le similitudini con l’attuale coronavirus? “In queste settimane -prosegue nella spiegazione Andrea Giuntini- la spagnola è stata richiamata più volte dai commentatori, stabilendo spesso un confronto, a partire dall’enorme trauma provocato e questo nonostante la notevole distanza cronologica che ci separa da quell’evento. Pensiamo che l’uso di mascherine già era invalso e, in generale, gli assembramenti risultavano proibiti, così come esattamente oggi i locali pubblici, quindi anche gli uffici postali, venivano sanificati”.
“Benché molte discipline scientifiche avessero decisamente progredito fra gli ultimi decenni dell’Ottocento e il primo ventennio del nuovo secolo, come la microbiologia per esempio, non si riuscì ad isolare il virus e approntare il vaccino, ciò che si sta facendo oggi faticosamente”.
“Sotto il profilo della gestione della crisi e dei comportamenti sociali le analogie non mancano: l’accentramento nelle mani delle autorità pubbliche fu inevitabile, come del resto abbiamo assistito adesso; le esortazioni e i limiti per affollamenti e assembramenti caratterizzano entrambe le pandemie”.
Fin qui le similitudini. Ma ci sono differenze? “All’epoca la circolazione delle notizie, causa la censura imposta per motivi bellici, e allo stesso tempo per evitare il diffondere demoralizzazione e allarmismo, fu assai più ridotta di quanto non sia oggi”, senza trascurare le tecnologie. “Ciò ha portato, all’epoca e pure successivamente, ad una sorta di rimozione della questione e ad una particolare elaborazione del lutto collettivo, tanto che perfino gli storici vi ci sono dedicati con scarsa attenzione. Si è verificata cioè una sorta di oscuramento del lutto privato rispetto a quello collettivo: da una parte i morti per la spagnola dovevano sparire, anche perché contagiosi, ed essere ricordati soltanto all’interno della sfera privata, mentre alle morti eroiche dei soldati erano riservati sacrari, monumenti e celebrazioni. È come se ci fosse uno scarto profondo tra la memoria istituzionale, il racconto pubblico di quel passato, la storia insegnata a scuola e le memorie intime e private” (continua).