Dalla Francia a San Marino ed a São Tomé e Príncipe, senza naturalmente trascurare la sua Colombia. Fernando Botero risulta uno degli artisti viventi (è nato il 19 aprile 1932) più citati tra i francobolli. A campeggiare nelle cartevalori vi sono soprattutto i dipinti, anche se non mancano le sculture. Tutte, comunque, sono caratterizzate da personaggi, umani o animali, dalle forme “tonde”. Peccato che, ad un esame del cronista, nessun’opera impiegata per esse sia presente nella mostra “Botero”, ospitata fino al 27 agosto presso il Vittoriano di Roma.
L’esito del suo lavoro -annotano gli organizzatori del percorso- è “una dimensione onirica, fantastica e fiabesca dove si percepisce forte l’eco della nostalgia e di un mondo che non c’è più o in via di dissoluzione. Uomini, animali, vegetazione i cui tratti e colori brillanti riportano immediatamente alla memoria l’America Latina dove tutto è più vero del vero, dove non c’è posto per la sfumatura e che anzi favorisce l’esuberanza di forme e racconto”.
“Credo molto nel volume, in questa sensualità che nella pittura suscita piacere allo sguardo. Un quadro è un ritmo di volumi colorati dove l’immagine assume il ruolo di pretesto”, dice il diretto interessato. Un altro dettaglio che accomuna i ritratti sono le espressioni dei protagonisti: appaiono sempre privi di stati d’animo riconoscibili, non provano né gioia, né dolore; scompare la dimensione morale e psicologica.
L’allestimento, curato da Rudy Chiappini in stretta collaborazione con il maestro, comprende cinquanta titoli, realizzati in oltre mezzo secolo di attività, dal 1958 al 2016. Otto le sezioni in cui è articolato: trattano rispettivamente sculture, versioni da antichi maestri, nature morte, religione, politica, vita latinoamericana, nudi e circo. Da ottobre verrà riproposto a Verona.