Corfù, 11 giugno 1844. Attilio ed Emilio Bandiera scrivono al letterato e patriota Giuseppe Ricciardi che stanno per raggiungere la Calabria e lo invitano a “chiamare gli italiani ad imitare l’esempio”. È uno dei documenti epistolari esposti sino al 15 gennaio presso la mostra “Da Sud. Le radici meridionali dell’Unità nazionale”, ospitata al palazzo Reale di Napoli. Ma di norma il reperto è conservato, come diversi degli altri, al partenopeo Museo nazionale di San Martino.
Non è l’unica testimonianza postale presente nelle bacheche della rassegna temporanea. Ecco ad esempio la missiva spedita il 13 febbraio 1857 da Giuseppe Fanelli -tre anni dopo sarà fra i Mille- a colui che diverrà generale e deputato Nicola Fabrizi (“...Vi dissi che qui un nucleo di giovani costituzionali è scosso dal magnanimo atto di Agesilao e dei fatti accaduti...”). Un’altra, questa cifrata e con la data del 6 marzo 1857, venne spedita da Giuseppe Mazzini allo stesso Fanelli (“Fratello - Voi per la prima volta mi proponete un’operazione definita, concreta, pratica: com’è debito e impulso del core l’accetto: me n’occupo subito, e sarà fatta…”). Un’ulteriore la fece spedire Giuseppe Garibaldi il 10 agosto 1860 al futuro senatore Giuseppe Musolino (il generale chiede in particolare di tagliare il filo elettrico che da Reggio va a Napoli, distruggere il “telegrafo aereo e interruttare le comunicazioni dei regi sullo stesso stradale”. Raccomanda inoltre al Musolino: “Fate che la Vs. gente si comporti benevolmente cogli abitanti. Dite ai protetti della Calabria che si uniranno a noi che la vittoria è certa, e che più facile sarà, quanto più si uniranno numerosi”).
Curata da Luigi Mascilli Migliorini e Anna Villari, l’esposizione invita a riflettere sui sessant’anni che hanno preceduto il Plebiscito dell’ottobre del 1860, proprio quello ricordato mezzo secolo dopo nei francobolli da 5 e 10 centesimi usciti l’1 dicembre 1910. I sessant’anni che vanno dalla Rivoluzione del 1799 ai moti del ‘48, fino alla spedizione salpata da Quarto. Insomma, si comincia con le immagini del Mezzogiorno, considerato il giardino d’Europa, trasmesse dai pittori del “grand tour”, passando attraverso i ripetuti fallimenti, le tragiche repressioni, le speranze deluse, la profonda e radicata ansia di libertà per arrivare all’incontro di Teano (o, come pare adesso, di Vairano). Quattro generazioni di meridionali, protagoniste di infinite, piccole e grandi vicende.
Incartamenti, quadri, cimeli unici, molti mai esposti, non sono solo pezzi museali ma -garantiscono i promotori- nell’allestimento tornano a vivere e a trasmettere l’emozione del momento. Cercando di raccontare tali storie, e la storia più grande che ne è ovviamente cornice, si utilizzano registri narrativi diversi, che ora toccano il mondo più tradizionale della raffigurazione pittorica o della documentazione storica, ora utilizzano soluzioni evocative e strumenti comunicativi multimediali per trasmettere il sentimento di che cosa significò essere meridionali e patrioti nella prima metà dell’Ottocento. Ricordando che da Sud “non si scrive né una storia minore né una storia di vinti, ma una delle pagine più alte ed efficaci del Risorgimento nazionale”.
Il percorso prevede una sezione, intitolata “Dopo l’Unità. L’attività dei prefetti nel Mezzogiorno”, che raccoglie spunti di riflessione sulla lunga e spesso difficile attività dello Stato nel gestire i primi anni postunitari.