A Roma, e fino al 31 gennaio, personale dedicata a Balthasar Kłossowski de Rola, vissuto tra il 1908 ed il 2001. Due le sedi che accolgono l’esposizione, intitolata con lo pseudonimo attraverso il quale era, ed è, noto, “Balthus”. Una è le scuderie del Quirinale, l’altra l’Accademia di Francia, ospitata a villa Medici.
La retrospettiva è stata organizzata a quindici anni dalla morte del pittore e dall’ultima esposizione che gli è stata dedicata in Italia. Curata dalla conservatrice al Museo nazionale d’arte moderna “Centre Pompidou”, Cécile Debray, riunisce più di duecento opere, tre quarti delle quali alloggiate nella prima struttura. Si tratta di quadri, ma anche disegni e fotografie, così da ripercorrere la carriera del protagonista, offrendo -commentano i promotori- “nuovi spunti di riflessione sul lavoro di uno dei più originali artisti del Novecento”.
Il suo primo viaggio nel Bel Paese risale al 1926 e, per la vocazione, rappresenta lo spartiacque. Folgorato dalla scoperta dei maestri del Rinascimento toscano, in particolare di Piero della Francesca, ne eredita la chiarezza formale, la capacità narrativa, il senso della composizione. Da questa tradizione -integrata con la conoscenza dei movimenti del Realismo magico e della Metafisica, oltre che dalla Nuova oggettività tedesca- trae origine quell’atmosfera sospesa ed enigmatica, caratteristica distintiva delle sue opere, soprattutto dei capolavori prodotti negli anni Trenta. Il legame con lo Stivale si rafforza a partire dal 1961, quando viene nominato direttore proprio dell’Accademia di Francia; rimane nella capitale fino al 1977.
Villa Medici, in particolare, presenta l’ambiente che ha ispirato la caseina e tempera su tela intitolata “La chambre turque”, realizzata tra il 1963 ed il 1966. Poi citata -era il 6 novembre 1982- da Parigi in un francobollo in vendita a 4,00 franchi, inserito nel percorso dedicato all’arte nazionale. La stanza è situata al piano più alto e decorata in stile neomoresco; presenta ceramiche a motivo geometrico, il soffitto a volta trattato con tempera e le finestre ornate da motivi arabizzanti. Costituisce uno degli spazi più pittoreschi dell’edificio: fu progettata nel 1833 da Horace Vernet, tra i pittori dell’epoca che subirono il fascino dell’Oriente. Restaurata per l’occasione, viene mostrata al pubblico per la prima volta attraverso visite guidate.