Tra il luglio 1942 ed il settembre 1944, un treno merci partiva quasi ogni martedì dal campo di transito di Westerbork, nei Paesi Bassi, portando il suo carico di esseri umani verso Auschwitz. Complessivamente, più di centomila furono i deportati, cinquemila i superstiti. Da tale struttura passarono Anna Frank e Edith Stein, e lì trascorse i suoi ultimi giorni la giovane scrittrice di origine ebraica Etty Hillesum, osservando, scrivendo e continuando ad operare con il ruolo di assistente sociale, fino a quando anche lei dovette salire sul convoglio. Classe 1914, scomparve a ventinove anni.
Castelvecchi editore ha raccolto due sue missive, redatte nel dicembre 1942 e nell’agosto 1943: è il libro “Due lettere da Westerbork” (72 pagine, 7,50 euro). In esse, la mittente racconta il luogo dell’umiliazione e l’attesa della morte, osserva i reclusi, ossia famiglie, anziani, bambini, parla con loro, mostra i preparativi notturni per le partenze, tratteggia i volti dei soldati.
Avrebbe potuto salvarsi, scelse invece di restare e di testimoniare quei giorni, con la voce di chi vive e annota in perfetta armonia e sa esattamente cosa deve fare: aiutare gli altri, non cedere all’odio, cercare, nonostante tutto, la bellezza.
Le corrispondenze vennero pubblicate clandestinamente dalla Resistenza nell’autunno del 1943. Per proteggere le persone coinvolte e sviare la censura, l’editore le aveva attribuite ad un pittore fittizio di nome Johannes Baptiste van der Pluym e ne aveva aggiunta una terza, falsa.