Niente francobolli. Nemmeno quelli del Benadir con l’elefante e il leone che dall’ottobre del 1903 furono destinati alla futura Colonia di Somalia. O -molto più recente- l’80 centesimi del 24 aprile 2015 riguardante il fernet della Fratelli Branca. Nel primo caso -scelto come esempio- i bozzetti vennero realizzati dal protagonista dell’attuale mostra; nel secondo è stato riprodotto uno dei suoi lavori. Però, la sezione (complessivamente sono otto) dedicata alla grafica minore comprende, accanto a illustrazioni, locandine, copertine di riviste e spartiti, pure le cartoline.
È la rassegna “Metlicovitz. L’arte del desiderio. Manifesti di un pioniere della pubblicità”, incentrata appunto su uno dei maggiori cartellonisti italiani e che la sua città, Trieste, sta ospitando. Accolta ai Civici musei “Pasquale Revoltella” e “Carlo Schmidl” (in quest’ultima sede sono proposte le réclame teatrali per opere e operette), è curata da Roberto Curci. Potrà essere raggiunta fino al 17 marzo.
Leopoldo Metlicovitz (1868-1944) -ricordano i promotori- è stato l’autore di decine di poster (settantatré quelli destinati al percorso), inerenti prodotti commerciali e industriali, ma anche grandi eventi come l’Esposizione internazionale di Milano del 1906, famose liriche (“Madama Butterfly”, “Manon Lescaut”, “Turandot”), film prodotti all’epoca del muto (fra cui “Cabiria”). Operò per decenni alle Officine grafiche Ricordi di Milano, dopo un avvio come pittore paesaggista (i visitatori potranno scoprire tre lavori) e un apprendistato quale litografo. Fu proprio grazie all’intuito di Giulio Ricordi che poté esplicare, dagli ultimi anni dell’Ottocento, tutte le potenzialità espressive, non solo come grande esperto dell’arte cromolitografica, ma pure come disegnatore e inventore di quegli “avvisi figurati” (così erano chiamati allora) che, affissi a muri e palizzate, mutarono il volto urbano con il loro vivace cromatismo.
L’allestimento sarò riproposto, dal 6 aprile al 18 agosto, al Museo nazionale collezione “Salce” di Treviso.