Edifici postali ancora protagonisti, e la cronaca ne parla. Padova, per esempio. La sede che ospita l’ufficio più importante, ossia il Padova Centro di corso Garibaldi 25, alla fine è stata venduta. Il “Corriere del Veneto” cita una cifra che si aggira fra i 10 e i 15 milioni. Chiudendo così la partita, avviata anni fa quando l’azienda cedette al Comune l’altra ala della struttura. Il nuovo proprietario -spiega la testata- sarebbe “l’imprenditore ligure Giuseppe Bianchi, titolare della Bianchi costruzioni generali srl, impresa leader nei settori edile e immobiliare”. Poste ha tempo due anni dalla stipula del contratto per lasciare liberi i locali, tranne quelli occupati dagli sportelli (1.170 metri quadrati), che rimarranno operativi contro un affitto di 197mila euro ogni dodici mesi. Cui vanno aggiunti 1 milione e 470mila euro per conservare fino al 2013 i piani superiori, estesi per 6.646 metri quadrati.
La vicentina contra’ Garibaldi, invece, è alle prese con incuria e vandalismi. Il civico 1 dell’area ospita il Vicenza Centro: l’edificio, inaugurato nel 1932, adesso “sembra davvero un palazzone di periferia”, scrive “Il giornale di Vicenza”. “Quello che fu un porticato oggi è una serie senza soluzione di continuità di graffiti senza senso, con il guano dei piccioni a dare il benvenuto ai passanti sulla piccola rampa di scalini che collega l’edificio a stradella dei Tre Scalini”.
Più seria è la situazione di degrado registrata a Milano presso l’ex sede di piazzale Lugano, già in passato oggetto di interventi, a dirla tutta rivelatisi non definitivi. “Da cinque anni -ricorda il «Corriere della sera»- questo è un luogo di transito per famiglie romene: vivono in tenda, accampati tra i binari e quel che resta dei depositi del palazzo delle Poste, una struttura precaria che da piazzale Lugano s’allunga per quasi un chilometro dentro lo scalo Farini… La dismissione dell’imponente struttura di otto piani è cominciata dodici anni fa. Da cinque, da quando è stata abbandonata, è luogo di spaccio, prostituzione, rifugio per un’umanità di disperati”. Il complesso era stato messo in vendita, ma poi la società ci aveva ripensato in attesa che si delineassero i progetti per l’Expo e il piano di governo del territorio.